Nives Meroi (Bonate Sotto, 17 settembre 1961) è un'alpinista italiana. Dal 1989 è sposata con Romano Benet, alpinista, suo compagno fisso di cordata e risiede a Tarvisio (UD). Ha scalato dodici delle quattordici vette sopra gli 8000 m s.l.m. (la scalata dello Shisha Pangma nel 1999 le è stata contestata e poi certificata nel 2007 da parte di Eberhard Jurgalski), tutte raggiunte senza l'uso di ossigeno supplementare e di portatori d'alta quota.
Di grande valore la conquista della cima del K2 del 2006 attraverso lo Sperone Abruzzi. La Meroi e Benet hanno raggiunto la cima da soli, senza l'ausilio dell'ossigeno e senza aiuti nel battere la traccia su tutto il percorso e sull'ultimo arduo tratto della montagna. Nel 2006 solo quattro alpinisti (i due italiani e due giapponesi con l'ossigeno) hanno raggiunto la vetta del K2.
Con la salita in vetta al Manaslu dell'ottobre 2008[3], Nives Meroi è una delle poche donne ad aver conquistato 11 ottomila.
Un numero maggiore di ottomila è stato conquistato solo dalla coreana Oh Eun-Sun, dalla spagnola Edurne Pasaban e dall'austriaca Gerlinde Kaltenbrunner che hanno conquistato tutte le 14 cime. La Pasaban ha utilizzato in due occasioni l'ossigeno, mentre la conquista di tutte le vette per la coreana è controversa.
«Tre alpiniste hanno già scalato undici di quelle immensità e si avvicinano al traguardo. La più forte di loro e di tutti i tempi si chiama Nives Meroi ed è italiana. [...] Perché Nives Meroi ha salito le sue cime asfissianti senza uso di bombole di ossigeno e senza impiego di portatori di alta quota, i climbing sherpa. [...] Le altre due alpiniste intendono diversamente l'impresa, una ha impiegato ossigeno, l'altra adopera portatori di alta quota che si sobbarcano di tutto il peso sulle spalle, scavano la piazzola, montano la tenda e fanno trovare il tè caldo già pronto» (Erri de Luca, in Corriere della Sera, L'intimità domestica sulle cime del mondo Ecco il segreto di Nives, 19 aprile 2009).
Nella stagione estiva 2009 Meroi ha abbandonato il tentativo di scalata dell'Annapurna per le condizioni proibitive della neve[7] e il tentativo di scalata del Kangchenjunga per prestare soccorso al marito, in difficoltà tra il campo 3 e il campo 4 della montagna Ad agosto 2009, in un'intervista all'ANSA e a ExplorersWeb, ha annunciato il proprio ritiro dalla competizione per la prima scalata femminile di tutti gli ottomila della terra.
«L'alpinismo di oggi perde proprio le caratteristiche del gioco come lo intendiamo noi, ovvero esplorazione di sé stessi in contesti diversi. Il fatto che l'alpinismo himalayano femminile sia diventato una corsa con come unico obiettivo il risultato mi ha fatto decidere di non giocare più» (Nives Meroi, in Ansa, Alpinismo: Nives Meroi, mi tiro fuori da corsa a 14 ottomila)
A seguito di una malattia occorsa al marito, in attesa del completamento delle cure, ha sospeso le spedizioni in Himalaya fino al 2011. Dopo un tentativo andato a vuoto sempre sul Kangchenjunga nel 2012 raggiunge la vetta con il marito Romano Benet il 17 maggio 2014.
Le mancano, per completare l'ascesa delle quattordici vette più alte della terra, il Makalu e l'Annapurna.
Nel volume che ha scritto recentemente e pubblicato da Rizzoli (2015), con il titolo "Non ti farò aspettare. Tre volte sul Kangchendzonga, la storia di noi due raccontata da me", Nives Meroi racconta la sua esperienza dei tre tentativi di scalata della vetta del Kangchendzonga e soprattutto dellastoria di una rinuncia per amore e per solidarietà.
(Dal risguardo dicopertina) Questa storia comincia (male) e finisce (bene) sul Kangchendzonga, la terza vetta più alta della Terra, una delle più difficili da scalare. È una storia epica, non solo di alpinismo, ma soprattutto d'amore e di crescita interiore. Siamo nel 2009 e Nives Meroi è in corsa con altre due alpiniste per diventare la prima donna ad aver conquistato i quattordici ottomila del pianeta. Come ha sempre fatto, affronta il Kangch, la sua dodicesima cima, in cordata con il marito Romano, e senza "sconti": né portatori d'alta quota, né ossigeno. Allo stesso tempo, mentre i media spettacolarizzano l'impresa, Nives non è insensibile alla sirena della fama, che la sta trascinando in un gioco che non le appartiene... Ma, a poche centinaia di metri dalla vetta, Romano non si sente bene e si ferma. Che cosa sceglie di fare, allora, Nives? Proseguire da sola, conquistando un'altra cima utile per la vittoria, come molti le avrebbero suggerito? No, lei non esita: abbandona la gara perché non può lasciare Romano solo ad aspettare. Così si conclude il primo atto di questa vicenda. Ne seguono altri tre in cui entrano in scena la malattia, la complicità, la capacità di attendere, la voglia di reagire senza scoraggiarsi quando si prende una via sbagliata. Per giungere al lieto fine in cui il Kangch si lascia finalmente conquistare da Nives e Romano che, in un confronto leale e puro con la Natura, hanno compreso il senso profondo della vita.
Nota bio-bibliografica. Nives Meroi, nata a Bonate di Sotto (BG) nel 1961, è una delle più forti alpiniste donne del mondo. Nella sua carriera ha scalato dodici dei quattordici ottomila della Terra, sempre senza ossigeno né portatori d’alta quota. Suo compagno fisso di cordata è il marito Romano Benet. Per Fabbri nel 2013 ha pubblicato Sinai, scritto con Vito Mancuso. Erri De Luca le ha dedicato un libro: Sulla traccia di Nives (Mondadori 2006).
"Salgo senza portatori d’alta quota perché non mi va di mettere a repentaglio la vita di nessuno per una mia scelta. E senza ossigeno, in modo da salire nella maniera più leggera ed essenziale, perché il confronto con la montagna possa essere onesto: vado fin dove mi è possibile arrivare e se non riesco torno indietro, perché il fallimento in certi casi è la vittoria più importante. La scelta invece di vivere tutto ciò con Romano è fondamentale perché se solamente uno dei due vivesse esperienze così profonde, il rischio è che non si parli più la stessa lingua. Il fatto di viverle insieme, oltretutto ciascuno dalla sua prospettiva, dà poi la possibilità di integrarle e far sì che la condivisione diventi ancora più ampia e più ricca. Sono stati tutti quei passi fatti insieme, che ci hanno dato gli strumenti per affrontare quelle che sono, ahimè, le montagne vere della vita: nel nostro caso la malattia di Romano. Ci è venuto naturale affrontarla così come si affrontano tutte le montagne: un passo dopo l’altro, con pazienza e soprattutto senza mai scoraggiarsi. Se riguardo ora da questa posizione un po’ scostata alla scelta di non arrivare in vetta al Kangchenjunga (per un malessere anticipatore della leucemia del marito, rinunciando così alla corsa che la vedeva in lizza per essere la prima donna a conquistare tutti i 14 Ottomila della terra, ndr), mi rendo conto che con quel gesto ho dato il mio senso alle montagne che ho salito, così come a quelle che non ho scalato. - See more at: http://www.actionmagazine.it/rubrica/Personaggi/20150530104-nives-meroi/#sthash.fcU5eqDd.dpuf
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