Il saggio costruito per mezzo di due voci dialoganti da Daniele Baranzini e Matteo Simone, Ultramaratoneta. Un'analisi interminabile (Aras Edizioni, 2016), è davvero prezioso perchè conduce il lettore nel mondo interiore, spesso misterioso e misconosciuto, dell'Ultramaratoneta e del cultore delle ultra-ultradistanze in genere, di coloro che affrontano fatiche temibili soltanto a sentirne parlare e che, oggi.si possono considerare nell'ambito della corsa estrema "quei temerari sulle macchine volanti", cioè di coloro che, spesso mettendo in gioco la propria vita, esploravano il mondo del volo motorizzato affascinante e pericoloso allo stesso tempo.
Tante volte ci chiediamo cosa pensino questi nostri eroi moderni dell'ultramaratona, quando corrono sulle lunghissime distanze. Spesso se glielo chiediamo direttamente, non sono nemmeno in grado di dircelo oppure non vogliono, perché intendono custodire la propria interiorità dallo sguardo di chi potrebbe non comprenderli.
Ed ecco che arriva questo libricino a darci delle risposte e a fornirci delle possibili linee-guida di comprensione e di decodifica.
Daniele Baranzini è un ultrarunner (e non solo), mentre Matteo Simone è uno sportivo e un runner che, da poco tempo, ha cominciato ad esplorare anche il mondo delle ultramaratone, sia in termini di "studio" delle motivazioni degli ultrarunner, attraverso delle interviste strutturate (che presto intende trasformare in volume) sia in termini di pratica vissuta.
Ambedue sono psicologhi nella vita professionale. Mentre Daniele Baranzini si occupa di organizzazioni, Simone Matteo si occupa principalmente di Psicologia dello Sport e di altri temi correlati (uno dei quali è la resilienza e la capacità dell'Uomo di fronte all'estremo): ambedue pertanto hanno degli strumenti cognitivi che li portano ad andare al di là e a verifica cosa si nasconde dietro le azioni e le scelte individuali, tanto più se esse siano estreme e, in qualche misura, rischiose. E chi è psicologo tende ad essere esplorativo anche nei confronti di se stesso e del proprio mondo interno.
Daniele Baranzini è entrato nel mondo della corsa abbastanza di recente, quasi per caso, e in maniera spregiudicata ed eccentrica, senza compiere la consueta trafila che porta i runner a passare dalla gare brevi (o dalle non competitive, alle ultramaratone, transitando attraverso l'esperienza delle Mezze e delle Maratone).
Daniele Baranzininon è arrivato gradualmente alle ultradistanze, ma ci si è tuffato dentro d'emblée con curiosità (e oserei dire anche con voluttà), iniziandosi in maniera solitaria con la precipua motivazione di testare se stesso e capire quali potessero essere i suoi limiti fisici e mentali, esponendosi (inizialmente senza nessuna cognizione pregressa), ad esperienze di corsa estrema (le sue "concept run"). Per lo stesso motivo, si è testato nelle distanze brevi, quali i 3000 metri siepi oppure i 5000 metri in pista (indoor ed outdoor).
Ha accumulato rapidamente delle esperienze davvero decisive ed uniche, giungendo rapidamente a sperimentarsi nelle competizioni di Ultra, sino ad indossare la maglia azzurra nella rappresentativa italiana di endurance 24 ore o a conquistare singolari primati come ad esempio il record del mondo 12 ore di corsa su treadmill (tapis roulant).
Il libro va letto, perché consente di affondare uno sguardo indagatore nel mondo interiore di un atleta che decide di affrontare le distanze estreme, senza nessuna altra motivazione che quella di esplorare l'estremo, andando a vedere come l'Ulisse virgiliano ciò che sta al di là del conosciuto e nel far questo questo è perfino entrato in quella che Reinhold Meissner, lo scalatore estremo e conquistatore delle cime over-8000 senza l'ausilio dell'ossigeno, definisce la "zona della morte".
Una zona nella quale, affrontando l'inconoscibile e soprattutto una dimensione inedita dello sforzo e della fatica, si può entrare (trovandosi ad essere in uno stato modificato di coscienza) per poi riemergerne (o restarvi, se non si è fortunati).
Daniele Baranzini è un personaggio di quelli il cui motto può essere soltanto "Verso l'infinito ed oltre", ma anche "Costi quel che costi, devo andare a vedere cosa c'è dietro quell'angolo o al di là di quella cima".
Il piccolo libro è avvincente come un romanzo a due voci e si articola in una serie di capitoli agili in cui si raccontano le principali esperienze del percorso di esplorazione compiuto da Daniele Baranzini nel mondo delle ultracorse.
In ogni capitolo, si alternano in un duetto appassionante le voci di Daniele e di Simone, che qui ha il ruolo del "Navigatore", in quanto compie un lavoro di esegesi e di interpretazione delle esperienze vissute da Daniele che è l'"Esploratore" di pianeti ancora sconosciuti, senza evitare tuttavia - essendo lui stesso uno sportivo e un runner - di entrare anche nel ruolo del bardo che magnifica ogni accadimento, dando momento per momento le coordinate del lungo viaggio di Daniele con un pizzico di retorica (che non guasta).
Il libro è completato da una nota biografica che riguarda entrambi i personaggi/autori e che quantifica, soprattutto per Daniele, le principali tappe del percorso nel mondo della corsa.
E' un libro che chi ama il running dovrebbe senz'altro leggere perchè consente di mettersi a confronto, imparando tanto sugli altri e su se stessi.
Le parole di Daniele possono aiutare ad attivare uno sguardo introspettivo dentro se stessi, compresa la grande assunzione del correre come strumento di vidimazione del proprio esistere quotidiano o anche come, in alcuni casi, una vera e propria "religione della mente", che nel caso di Daniele almeno non diventa mai una dictatorship interna.
Siamo di fronte ad un'affascinante incursione nel mondo del "correre profondo" da parte di uno che prima ancora che runner si può definire uno "psiconauta" nell'accezione proposta da Giorgio Samorini.
Un caso interessante in cui il corpo viene plasmato e piegato per portare la mente ad esplorare territori ancora socnosciuti.
(dalla quarta di copertina) Questo libro esprime il senso della corsa nelle lunghe distanze, per molte ore e tanti chilometri. L'opera è una sorta di fantastico saggio poetico frutto di dialogo e corrispondenza tra i due autori. Gli autori dialogano a distanza su quello che è il senso dell'ultramaratona: la lunghezza, il tempo, la fatica, la gioia, il dolore, per alcuni anche una "lucida pazzia". L'intento è di illustrare l'ultramaratona, un particolare vissuto di sport a volte considerato estremo, ai limiti della umana ragionevolezza. Daniele Baranzini si racconta attraverso la sua pianificazione e progettazione di lunghe gare da interpretare e portare a termine e Matteo Simone cerca di entrare nella psiche di Daniele alla ricerca di un senso. Daniele è pura corsa, senza corsa non può esistere. Il suo percorso è interminabile, come il titolo di quest'opera. Daniele scrive la sua visione onirica della corsa lunga e Matteo la cerca nelle parole dei suoi racconti. Matteo è l'archeologo, Daniele è l'antica città dei sogni.
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