Nel corso dell'agosto di un anno fa (2015), abbiamo seguito Emanuela Pagan nel suo Cammino di Santiago, grazie ai suoi resoconti tappa per tappa. Quello di Emanuela è stato un viaggio fisico e, nello stesso tempo, profondamente interiore. Ora, a distanza di un anno, Emanuela Pagan è tornata in Spagna, e sta rivisitando alcuni dei luoghi che l'hanno vista transitare come "pellegrino".
Cosa l'ha spinta a tornare? La nostalgia di un'esperienza che è rimasta profondamente scolpita nella sua mente e nel suo cuore? Il desiderio di rivedere gli stessi luoghi, ma con un punto di osservazione interiore diverso? Oppure semplicemente quello di ripercorrere alcuni tratti del Cammino, cercando di ricatturare alcune delle emozioni allora sperimentate?
Il suo scritto, per quanto indirettamente, forse fornirà delle risposte o, forse, aprirà degli interrogativi.
In ogni caso riuscirà ad aprire una finestra che consentirà di capire come il Cammino compiuto con un atteggiamento emozionale umile, non chiassoso, non performativo possa rappresentare un strumento di ri-fondazione del sé, ed anche un crocevia da cui molte strade divergono, molte possibilità diverse si schiudono..
(Emanuela Pagan) Mi sono dovuta fermare. La mia mano è andata a sovrapporsi alla conchiglia sul muro. Le dita seguivano la direzione indicata aperte in un abbraccio.
Non avrei mai immaginato che tornare in questi luoghi, mi avrebbe fatto vivere un’emozione così forte.
La città di Burgos, un anno dopo il mio cammino.
Incredibilmente ricordavo le strade. Ogni passo si è stampato nella mia testa in modo indelebile.
Burgos era una delle città che più mi erano piaciute, ma a causa della stanchezza, non me l’ero goduta.
Questa volta sono arrivata in macchina. Due lacrime si sono infilate tra gli occhi e le lenti da sole. Ho colto in un attimo l’insieme di quello che avevo fatto l’anno scorso.
A lato della strada mi vedevo, mentre camminavo con mocilla e bacchette da trail, colma di disperazione, ma leggera per la speranza.
Un caleidoscopio di immagini mi ha investito mentre la mia mano abbracciava la conchiglia conficcata nel muro.
Un anno, più di una vita.
Il mio cammino effettivo è iniziato la sera dopo il campo delle stelle.
Quando sono tornata alla mia quotidianità, ero disorientata: erano cambiati tutti i pesi.
Sarebbe stato facile decidere di andarsene, vivere in una realtà sospesa.
La scelta difficile è stata restare e cambiare.
Continuare a guardare le stelle, anche se ormai sono solo punti freddi.
Quando ho corso la maratona dopo essere stata a Santiago, il cammino era nelle mie gambe.
Tornare a correre è stato l’inizio, ritrovare il mio sorriso è stata la vittoria più grande.
Dopo Santiago scelgo in tanti momenti di stare da sola.
Sentirsi soli con qualcuno accanto è peggio di non avere alcuno con cui parlare.
Un anno dopo.
Conto quello che ho realizzato come i chilometri di una gara.
La mia mano lascia la conchiglia. Ormai appartengo a questi luoghi.
Nel giorno della festa di Santiago, percorro un tratto del cammino del Nord.
Sul bordo dell’oceano arranca una figura vestita di nero, la pelle color ebano, il volto una maschera di fatica.
Gli dico le uniche parole in grado di sollevargli l’animo:”Buen camino”.
Il ragazzo possiede un sorriso bianchissimo e lo mostra al sole.
emanuela pagan e il cammino di santiago - Ultramaratone, maratone e dintorni
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