«Finché il corpo me lo consentirà, io correrò. D'altronde gli animali fanno così, corrono fino all'ultimo respiro. Ogni gara è come una nuova vita che vivo. Tutte le volte che si riparte da capo, si scoprono gli avversari, ci si riscopre dentro, e si riscopre anche ciò che si ha attorno. Il deserto, "il più bello e il più triste paesaggio al mondo", non è mai uguale a se stesso. E sono sicuro che qualche altro deserto, qualche altro grande vuoto, ancora mi sta aspettando»
Dopo "Il Corridore" in cui Marco Olmo ha raccontato, guidato dalle domande di Gaia De Pascale (Il Corridore, Ponte alle Grazie, 2012) la sua vita di uomo e di runner, è arrivato nelle librerie un suo nuovo racconto, ma da una differente angolazione. Si tratta di "Correre nel grande vuoto" (Ponte alle Grazie, 2018).
Mentre nel primo libro, il filo rosso era la storia della suo correre come riscatto qui invece, la traccia che conduce il lettore è la passione di Marco Olmo per il "grande vuoto" dei deserti. E si tratta di una passione che egli ha iniziato a seguire molto prima di intraprendere la sua carriera di corridore di lunghe distanze. Si potrebbe dire, infatti, che egli sia diventato il corridore dei deserti forse più celebrato e più amato da tutti gli Italiani appassionati di trail running proprio perché - ancora prima - era nato in lui il "mal del deserto".
In questo piccolo testo, Marco Olmo racconta le principali tappe che lo hanno condotto a partecipare alla sua prima volta alla Marathon des Sables e a 22 sue successive partecipazioni consecutive (con ben tre vittorie nel suo palmarés) e a svariati altri appuntamenti con gare di resistenza - a tappe oppure in un'unica soluzione - nei deserti di un po' in tutto il mondo.
Nel momento in cui scrive - e forse è stata questa la molla che lo ha spinto ad intraprendere il suo racconto - Marco Olmo per la prima volta dopo 22 anni non era stato allo start della Marathon des Sables. Una scelta saggia. e anche uno forte come Marco Olmo che - tra l'altro - ha sviluppato la sua vita di ultrarunner dopo i 50 anni - ha dovuto arrendersi alla necessità di modulare differentemente le sue scelte, senza però rinunciare in ogni caso ad indossare il pettorale in competizioni differenti, alcune delle quelle pur sempre nei deserti che gli stanno nel cuore, utilizzando intanto il suo tempo anche per trasmettere ad altri le sue straordinarie esperienze.
(Soglie del testo) Una storia che prende vita nel luogo essenziale: il deserto. Solitudine, fatica, bellezza e immensità hanno lo stesso ritmo di chi lo attraversa correndo.
Quello di Marco Olmo per il deserto è un amore che nasce più di vent'anni fa quando il corridore piemontese, all'epoca neppure cinquantenne, si è appena affacciato all'universo delle ultramaratone. È il 1996, infatti, quando Marco Olmo riceve la proposta di partecipare alla Marathon des Sables, nel deserto del Sahara. Marco ha già visto il deserto, ma come un turista, dal finestrino di un'auto e con l'aria condizionata accesa. Ora invece ha l'opportunità di stare là fuori, a correre come già corre fra le montagne di Robilante, il paesino dove vive. Quella Marathon des Sables è un successo, nella classifica generale si posiziona terzo, facendosi notare dal pubblico e dalla stampa internazionale, e il deserto gli entra dentro, cambiando il suo modo di correre. È da quel momento, infatti, che la sua specialità diventa la lunga distanza, da affrontare prima di tutto con una qualità che diventerà la sua cifra: la resistenza. In questo libro, Marco Olmo ripercorre oltre due decenni di gare nei deserti di tutto il mondo: da quello libico al deserto della Giordania, dalla terribile Valle della Morte in California fino alle zone desertiche dell'Islanda, passando per il deserto di sale della Bolivia, il Sinai e molti altri. Non si possono lasciare tracce nel deserto, Marco lo ha imparato in questi anni: una sola raffica di vento è sufficiente a farle scomparire dalla sabbia. Eppure ogni deserto ha lasciato in lui una traccia incancellabile, alimentando quell'amore di cui sono impregnate le pagine di questo racconto.
Hanno detto:
«Un mito per gli appassionati dell'impossibile» (Corriere della Sera)
«Marco Olmo è una leggenda vivente della corsa estrema» (La Gazzetta dello Sport)
L'Autore. Atleta italiano vincitore di numerosi ultratrail, è considerato, nonostante abbia superato i 60 anni, uno dei più grandi specialisti delle corse estreme. È tesserato nel ASD Roata Chiusani. A 58 anni è statoCampione del Mondo vincendo l'Ultra Trail du Mont Blanc, la gara di resistenza più importante e dura al mondo: 167 km attraverso Francia, Italia e Svizzera oltre 21 ore di corsa ininterrotta attorno al massiccio più alto d'Europa. Nel 2009, in occasione del Campionato del Mondo IAU individuale di UltraTrail a Serre Chevalier, ha ottenuto un 14º posto in classifica generale e il 1º nella categoria veterani.
Con Mondadori ha pubblicato Il miglior tempo (2016, con Andrea Ligabue), mentre è di Ponte alle Grazie Il corridore. Storia di una vita riscattata dallo sport (2012 e ss.).