Oggi non è affatto difficile ottenere una risonanza mediatica per i propri scritti, attraverso blog e siti web vari: e, tra l'altro, nella nostra quotidianità solipsistica, gli schermi ammiccanti dei PC rappresentano sempre più quello che un tempo erano i focolari domestici e i camini di casa.
Ma molti non si accontentano di questa via di diffusione dei loro scritti e vogliono anche "farsi un libro" (rendersi, per così dire immortali, attraverso la carta stampata) o essere pubblicati.
Se relativamente facile è pubblicare su carta le proprie fatiche letterarie presso case editrici in cui l'utente paga per ricevere un servizio, a partire da un lavoro artigianale tutto fai-da-te, anche nella scelta dei possibili format del volume, un po' più difficile - anche se non del tutto impossibile - è avere stampato un libro presso case editrici "major", supportate da una grande distribuzione e disposte a dispiegare mezzi per la sua diffusione.
Il libro di Franz Rossi e Giovanni Storti rientra in questa tipologia (Corro perchè mia mamma mi picchia, Mondadori, Collana Strade Blu, 2013).
Il contenuto: i due autori, l'uno attore comico l'altro Direttore di una rinomata rivista di cose di corsa (XRun), raccontano attraverso una serie di sapidi capitoli le motivazioni che li spingono a correre e le loro esperienze di corsa che si muovono dagli scenari nostrani a quelli esotici di gare a cui hanno partecipato in luoghi lontani e poco accessibili per i più. I primi scenari servono a far sì che i lettori-runner possano facilmente identificarsi con loro, mentre i secondi servono a farli sognare.
In alternanza a quelli di resoconti di esperienze di corsa, vi sono dei brevi capitoli sul correre in genere (note su allenamenti, abbigliamento, tecnica). Il volume è arricchito da una prefazione ironica e divertente di Giacomo Poretti, collega di lavoro Giovanni Storti, suo amico nella vita, ma anche runner in erba e, in quanto tale, scettico sui "veri" benefici della corsa: "E il libro che vi accingete a leggere sembra scritto da due persone che si sono sottoposte volontariamente a torture inimmaginabili e, nonostante questo, si dichiarnano felici, ma l'aspetto più preoccupante é che, ne sono sicuro, rifarebbero tutte quelle cose descritte che una persona normale si guarderebbe bene dal fare" (ib., p. VIII)
In altri capitoli, invece, è stata scelta di introdurre in combinazione successiva, due diversi punti di vista: ed è quando i due racontano di imprese podistiche a cui hanno partecipato assieme, come è nel caso del racconto esilarante ad un'edizione di alcuni anni fa della goliardica (ma anche impegnativa) "Arrancabirra".
Sotto questo profilo ho apprezzato molto di più il libro partorito da Roberto Giordano - pure lui uomo di spettacolo, oltre che runner da lunga data - sulle sue esperienze di corsa (Correndo per il mondo. Storie, aneddoti e consigli di corsa, Kowalski, 2013) che, molto più tipizzato, si presenta non soltanto guida ironica e disincantata al mondo del running, ma anche valido come Baedeker del podista che voglia intraprendere viaggi di corsa, anche in luoghi inconsueti.
Sì, leggetelo e divertitevi, assorbendo nello stesso tempo qualche bella pillola di saggezza sul Running World, come è ad esempio, una delle frasi che fa da suggello al volume e che voglio citare qui per esteso: "Tra le tante attività fini a se stesse, abbiamo scelto la corsa come paravento dietro al quale nascondere la voglia di fare qualcosa per noi. Qualcosa di personale (anche quando è condiviso con altri), qualcosa di profondamente egoistico. Correre ti fa sentire bene. Rubare un'ora alla routine, al lavoro, alla famiglia, e regalare quell'ora a te stesso ti fa sentire ancora meglio.
Correre significa muoversi velocemente da un posto all'altro senza necessità di altro che delle tue gambe. Il movimento è vita, è scoperta. E' avventura. La magia della corsa è tutta qui. Correre ti fa sentire vivo" (ib., p.190).
E aggiungerei che "Corro perché mia mamma mi picchia" è anche un bel libro sull'amicizia tra due persone diverse che si sono incontrtsate attraverso la corsa e il cui reciproco rapporto è stato cementata dal correre assieme in alcune circostanze, come con le altre persone interagenti, spesso menzionate nei diversi racconti con cui vengono declinati momenti spassosi,, a volte profondi, di amicizia e condivisione.
E aggiungerei che è anche un bel libro sull'amicizia tra due persone diverse che si sono incontrtsate attraverso la corsa e il cui reciproco rapporto è stato cementata dal correre assieme in alcune circostanze, come con le altre persone spesso menzionate nei diversi racconti con le quali vengono declinati momenti spassosi,, a volte profondi, di amicizia e condivisione.
E, quindi, ciò che traspare è una rappresentazione del correre non solo come impresa individuale (ed individualistica), ma anche "religio" nel senso laico del termine, cioè di attività che lega assieme gli individui in un'esperienza conivisa (e raccontabile).
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