Supermaratona dell'Etna da 0 a 3000 2013 (7^ ed.). Donne che corrono con i lupi (Grazia Pitruzzella)
Grazia Pitruzzella mi ha inviato tempo fa un suo racconto a proposito della sua partecipazione alla Supermaratona dell'Etna da 0 a 3000 del 2013. Qualche giorno fa mi ha scritto attraverso FB, chiedendomi che fine avesse fatto il suo racconto. Io sono rimasto trasecolato e, ovviamente, anche dispiaciuto, perchè come è mia consuetudine tutto quello che ricevo pubblico molto volentieri.
Mi ha detto anche: "E poi ci sono rimasta anche male. Non pubblicare il mio articolo e senza scrivermi una parola".
Per fortuna ci si siamo chiariti e si è anche capito l'equivoco: aveva inviato il suo racconto ad un mio indirizzo di posta elettronica obsoleto.
Le ho chiesto di inviarmelo. E lei così ha fatto, benchè fosse inizialmente incerta: "E' passato tanto tempo ormai..." - mi ha scritto.
Ma io le ho detto che i racconti di esperienze personali sono dei sempreverdi e che piacciono sempre...
E, così,eccoci qua...
Nell'inviarmi il suo racconto, Grazia Pitruzzella ha anche aggiunto, come breve nota di accompagnamento: "Un giornalista della 'Sicilia' di Catania ha avuto modo di leggere questo scritto, ne è stato sollecitato e mi ha voluto intervistare. L'intervista è stata successivamente pubblicata sul quotidiana catanese".
Grazia Pitruzzella è su Facebook con un nickname che tuttavia rimanda alla sua identità verà, poiché tradisce il suo amore per la montagna...
(Grazia Pitruzzella) Apro gli occhi alle 5.00 ed un sorriso mi accende il volto al pensiero che è finalmente giunto il tanto atteso giorno della Zero Tremila.
La sveglia suonerà più tardi, ma lascio il letto, decisa ad assaporare questa nuova alba, che di sicuro saprà infondermi una grande energia.
Mi dedico ai miei rituali con estrema lentezza: eseguo il saluto al sole, soffermandomi qualche minuto in più sulla posizione della montagna; vado in giardino per ammirare l’Etna, ringraziando per la perfezione dell’azzurro del cielo, che non prevede candidi merletti di nuvole; consumo qualche fetta biscottata con il miele, mentre mi vesto e passo in rassegna il contenuto delle borse che porterò con me.
Raggiungo Antonio M. e Cesare per viaggiare insieme fino a Marina di Cottone, punto di partenza di questa gara strepitosa che, con uno sviluppo di 43 chilometri, arriverà a 3.000 metri sul versante nord-orientale del vulcano, appena al di sotto dei crateri sommitali.
Ieri sera, quando per l’emozione non riuscivo a finire la cena, ho chiesto al mio corpo di assumere e trattenere tutto ciò che mi sarebbe stato utile durante la mia avventura e, stranamente, stamattina l’agitazione non mi procura quei disturbi fisiologici che sono soliti accompagnare tutte le mie partenze.
Mi sono preparata a questo viaggio pensando alle numerose escursioni impegnative ed interminabili che ho vissuto durante la mia carriera di guida e rasserenata dalla possibilità di fermarmi in qualunque momento, certa che la Montagna accetterà le mie risorse.
Numerosi sono i volti conosciuti e tra i partecipanti trovo con sorpresa e felicità anche il mio amico Diego, che credevo avesse rinunciato a partecipare per via dello scarso tempo a disposizione per gli allenamenti.
Abbraccio anche Antonio G. e Princi, che amorevolmente mi scorteranno per una parte del tragitto, e Peppe, Salvo L. e Dino, preziosi alleati di questa giornata.
Qui sulla spiaggia sembra d’essere ad una grande festa, mentre gli atleti respirano il mare, si abbracciano, si lasciano fotografare ed intervistare, riscaldano i muscoli.
Quando partiamo mi sembra un allenamento come gli altri, affiancata come sempre da Antonio G. e Princi, solo mi sembra strano che ci sia così tanta gente, compresa l’auto guidata da Paolino, mentre Dario con la sua macchina fotografica sta già trasformando in immagini eterne la nostra corsa.
Il sole è già caldo qui in Sicilia, la Montagna è più splendente che mai, sempre pronta ad accoglierci fra le sue possenti braccia, ed una leggera brezza allevia la sete dei primi chilometri.
Affrontiamo il percorso fino a Piedimonte con leggerezza, partecipando con entusiasmo ed emozione agli applausi del caldo pubblico.
A questo punto Princi rallenta abbandonandoci ed Antonio a più riprese mi suggerisce di raggiungere Mazzolino, che ha già un discreto vantaggio rispetto a noi, ma io sono determinata a mantenere il ritmo perfetto che ho trovato, che mi permette di continuare a ridere e scherzare…e poi non sono così convinta di poter mantenere un passo più sostenuto del nostro.
Arriviamo a Linguaglossa in 1:30 circa (il tempo che mi ero ripromessa di impiegare), e quando sento il mio nome gridato dagli amici, una nuova emozione invade il mio cuore.
Antonio G. mi lascerà una volta superata la ferrovia, all’inizio della Mareneve, ma salirà in auto con Princi per continuare a seguirmi.
Eccomi infine da sola con la Montagna.
Continuo a correre con una bottiglietta d’acqua tra le mani, passandola di tanto in tanto a qualche atleta, ricevendola da volontari in moto e da Carmelo in quad, dai miei cari amici che sembrano onnipresenti, sempre pronti ad ogni mia richiesta.
Sento un amore sconfinato intorno a me e, così protetta, comincio ad ascoltare la mia danza nello spazio ed il primo suono che mi raggiunge é quello confortante e noto delle scarpette che battono l’asfalto.
Forte della mia convinzione che proseguiremo insieme, passetto dopo passetto raggiungo con sorpresa Mazzola, che però rimane indietro e quando gli lancio sorridente il mio “Non vieni??”, lui mormora un “No… ho i miei piani…”, che mi lascia ancor più stranita e perplessa.
Di nuovo mi trovo ad ascoltare il ticchettio ripetuto delle mie scarpe sulla strada, ora smorzato a tratti dalla presenza della cenere vulcanica e degli aghi di pino; sento il canto degli uccelli; respiro a fondo e con tutti i miei sensi assimilo il dipinto spettacolare di cui faccio parte: cielo, montagna, boschi, vallate, campi agricoli e case fino al mare che bagna i piedi dei Peloritani.
Ancora qualche tornante e sarò tallonata da una ragazza che lascerò passare. Un po’ mi dispiace, ma questa performance per me non ha nulla a che fare con numeri e posizioni.
I miei amici-angeli continuano a seguirmi, incitandomi, offrendomi acqua, frutta, cercano di convincermi a mangiare un po’ di torta che fatico ad ingoiare e ad assumere i gel, che non accetto.
Quando raggiungo il Rifugio Ragabo, avvolta dalla spessa pineta, comincio a sentirmi stanca ed accolgo con gioia il “Coraggio, Grazia!” di Antonella, la padrona di casa,che mi offre da bere.
A questo punto decido di intervallare la corsa continua in salita con corsa sul posto e qualche passo in discesa.
E’ al 31° che sento un nodo stringermi la gola, un forte impulso di piangere ed un nuovo dolore in fondo alla schiena. Trattengo le lacrime solo perché temo che i miei amici possano interpretarle come un segnale di arresa.
Conosco bene i chilometri che mi separano da Piano Provenzana, percorsi molte volte a piedi sui sentieri che si intrecciano attraverso il bosco, infinite volte in auto e di corsa durante qualche allenamento prima della gara: la consapevolezza che manca poco mi da coraggio.
Ricordo a me stessa che posso liberamente scegliere di fermarmi o continuare. Provo a rallentare e per la prima volta arrivo a camminare, ma mi sembra di perdere l’equilibrio raggiunto. Sento che le mie energie stanno abbandonando il mio corpo.
Così non mi resta che socchiudere gli occhi, chiamare a raccolta i numerosi lupi degli “in bocca al lupo” ricevuti prima della competizione e pregarli intensamente di accompagnarmi fino a dove la Montagna desidera che arrivi.
Dopo questi pochi istanti, che sembrano estendersi per un’eternità, mi ritrovo a sorridere ed incredibilmente a correre, mossa da una nuova forza che mi scorterà fino alla tenda del 34° km, terra di confine tra uomo e natura, tra asfalto e sterrato.
Con gioia apprendo che sono arrivata in 4 ore, poiché anche stavolta si tratta del tempo che avevo sperato di impiegare.
Magicamente arriva a supportarmi anche Daniela di Monte Conca, quasi sbucata dal nulla, con un “Grande, Grazia!” che rende più reale questa meravigliosa esperienza.
Vorrei tanto riposarmi un po’, coccolata dall’amabilità delle signore dell’assistenza, ma Giardina è categorico: solo il tempo di bere un bicchiere d’acqua e sali e cambiare la maglietta!
Indosso da stamattina i pantaloncini con cui ho corso la mia prima mezza maratona 8/9 anni fa ed ora la mia amata maglia di Longoni, che mi ha protetta durante numerosi ed impegnativi trekking.
Comincio, dunque, a correre sullo sterrato scortata dall’instancabile Giardina e dal caro Riccardo, maestro di trail.
Percorreremo quasi tutti i 9 chilometri che ci separano dal traguardo con passo sostenuto, ma non mancheranno i tratti di corsa, di cui mi sento fiera.
Di grande sollievo sono i ravvicinati punti di ristoro, animati da gentilezza materna, e la presenza costante della jeep di Peppe con a bordo Salvo L., Dino, la piccola Martina ed Emilia.
Il traguardo appare sospeso ai piedi dell’adorato cratere di Nord-Est, pare appuntato alla roccia lavica con le bandierine, quasi un’immagine surreale nel paesaggio lunare che ci circonda.
Continuo a parlare con Antonio e Riccardo, descrivendo le meraviglie del mio amato vulcano, ringraziando per la spettacolare giornata che ci permette di ammirare in tutta la sua magia l’arcipelago eoliano e sorridendo ai diversi fotografi che continuano ad immortalare momenti indimenticabili.
Verso il 40° chilometro avverto uno strano senso di ebbrezza, sento la mia voce pronunciare una o due frasi prive di senso, ma cerco di concentrarmi e proseguo, perché ormai è davvero incredibilmente fatta e manca proprio poco.
A pochi metri davanti a me corre Cesare M., che nel 2005 ha chiuso la gara in meno di 5:30, ma la febbre che lo accompagna da diversi giorni lo porterà ad arrivare solo qualche minuto prima di me – chi l’avrebbe mai detto?
Finalmente il traguardo è lì a pochi passi. Riccardo ed Antonio mi lasciano affrontare da sola l’ultima rampa che porta alle bandierine svolazzanti e mi farà conoscere una nuova felicità.
Sento il mio nome al microfono, Anna Laura mi mette la medaglia al collo, il ragazzo che aveva accolto la mia iscrizione mi abbraccia dicendomi “Hai visto che ce l’hai fatta?” e le mie emozioni si sciolgono in lacrime, come dopo ogni gara.
Mi inginocchio a baciare le vesti della montagna ed abbraccio tutti gli amici che mi hanno sostenuta.
Il tempo di scattare qualche foto e con la borsa mi dirigo verso la tenda. Al suo interno rimango qualche minuto imbambolata, realizzando che ce l’ho davvero fatta e pensando alle parole del Mazzolino, che mi aveva prospettato che sarei di sicuro arrivata senza neppure avere la forza per cambiarmi…in realtà mi sento stanca, certo, ma riesco a muovermi felice con agilità e, ancora una volta, ringrazio l’universo per avermi donato così tanta forza in questa vita.
Ringrazio, inoltre, gli organizzatori dell’evento per avermi dato la possibilità di dimostrare nuovamente a questa montagna quanto l’ami; tutti i cari amici e fratelli, capeggiati da Antonio Giardina, che mi hanno supportata e sopportata durante gli allenamenti, ripresi solo lo scorso gennaio dopo una lunga pausa di 7 anni, e che, con il loro amore e la loro stima, hanno reso possibile questa avventura; gli atleti con cui ho scambiato gesti di solidarietà durante la performance e tutti gli angeli che si sono materializzati durante il percorso, infondendomi energia; i miei allenatori Manlio Danelli ed Antonio Mazzola, che ho fatto disperare per la mia mancanza di disciplina nel seguire le tabelle e nel portare avanti i benedetti “lavori”.
Abbraccio con affetto quelli che hanno riso di gusto al mio annunciare che avrei corso la Super Maratona dell’Etna senza mai aver assaporato una maratona, quelli che hanno mostrato riserve per la mia dieta vegetariana e quelli che pensano che i gel siano indispensabili.
Che la pace regni sulla terra.