(Foto di Emanuela Pagan)
Ultramaratone Maratone e Dintorni ha seguito passo dopo passo il Cammino verso Santiago di Emanuela Pagan, pubblicando le cronache giornaliere del suo progredire.
Alla fine del Cammino e dopo il suo rientro in italia, la abbiamo intervistata per raccogliere in qualche modo il senso della sua esperienza e per attuare un confronto tra le nostre riflessioni (quelle scaturenti dalla lettura delle cronache giornaliere) e le sue riflessioni.
Ecco, quindi di seguito l'intervista a Emaniela Pagan, anche se molte cose relative all'esperienza del Cammino rimangono ineffabili ed inspiegabili, nel senso che ciascuno può sì raccontare la sua esperienza, che - tuttavia - rimane soltanto la sua esperienza.
Per capire veramente il Cammino e poter costruire su di esso una propria verità e una propria personale architettura di pensieri ed emozioni, c'è solo un modo: farlo e sperimentarsi in prima persona.
Il cammino laico: è possibile? Ci si può accostare all'esperienza del Cammino in assenza di una motivazione religiosa?
Il cammino può essere compiuto anche senza una motivazione religiosa. Lo si può vedere come impresa sportiva. In questo caso diventano solo dei chilometri da percorrere in un certo tempo. Può essere vissuto come esperienza di vita e cammino interiore. Il credere in Dio e in quale Dio rimane solo un fatto personale. La scelta di percorrere un lungo percorso che abbia come traguardo una cattedrale già induce a riflettere sulla fede. Penso che qualsiasi laico che intraprenda la strada verso Santiago finisca inevitabilmente con il confrontarsi con un cammino segnato dalla religione.
A te, Emanuela, cosa ha insegnato il Cammino?
Il Cammino mi ha insegnato a camminare. Sembra quasi scontato, ma il passo di marcia influenza il ritmo dei pensieri. Penso che il Cammino di Santiago sia una vita in miniatura. Ho imparato a vedere il mondo con altri occhi. Ora tutto è uguale, ma allo stesso tempo diverso. Le ansie e le paure che a volte si provano nella vita di tutti i giorni non sono altro frutto dell’insicurezza di non riuscire ad affrontare una particolare situazione. Il Cammino mi ha insegnato che basta mettere un passo dopo l’altro e si arriva alla fine. E’ inutile pensare alla quantità di chilometri totali da compiere, al cammino intero. Bisogna concentrarsi solo sul passo attuale. Respirare il presente e tutto si può affrontare.
Riconosci nel tuo viaggio un momento "topico", da quale hai tratto degli insegnamenti che rimarranno, dentro di te, indelebili?
Il momento topico è stato a meno 555 km da Santiago. La strada si conta in base alla distanza che manca alla meta. Quella notte ho pianto. Volevo smettere di camminare perché avevo male al tendine, una vescica e mille ansie e paure che mi paralizzavano. La mia amica mi ha consigliato di dormire tenendo una lattina fredda sul piede. Il giorno dopo ho mosso il primo passo verso Santiago. Il dolore non era scomparso, ma dentro di me erano svanite tutte le preoccupazioni. Non mi importava più di nulla. Volevo solo arrivare a Santiago. In quel momento ho capito che quando nella vita si vuole raggiungere qualcosa di veramente importante per il proprio cuore, tutti gli ostacoli si superano. Ho scoperto di avere un’immensa forza interiore e fisica che non credevo di possedere. Questo rimarrà sempre un punto fermo nella mia vita perché Santiago non è stato il traguardo, ma solo un nuovo inizio di un cammino più grande: il percorso che mi resta da vivere.
Parli molto delle stelle nei tuoi resoconti del viaggio lungo il Cammino. Puoi spiegarci perchè?
Le stelle da sempre costituiscono un punto di riferimento per chi si deve orientare. Le stelle sono luce che viaggia attraverso lo spazio e nel tempo. Non esiste notte in cui io non alzi gli occhi verso il cielo a cercare quei puntini luminosi. Mi rassicura vederle, come fossero delle amiche silenti ma sempre presenti nella mia vita.
Ma, anche, altrettanto spesso del cielo e delle nuvole in tutte le loro variazioni e cromatismi
Con la natura ho uno stretto legame. Mi piace respirarla. Sono un’osservatrice. Il paesaggio che mi circonda entra nei miei occhi e dà impulsi al cuore.
Facendo un volo pindarico per un ardito raffronto cosa c'è in comune tra i cieli del Grande Nord con le loro aurore boreali e i cieli che sovrastano le mesetas e la Galizia?
Assolutamente nulla. L’aurora boreale è un evento meraviglioso e unico. Una luce che danza nel cielo e cattura il cuore di chi la vede. L’aurora la sento sulla pelle. Le mesetas sono enormi spazi in cui lo sguardo può perdersi. Sembra di essere sempre nello stesso punto, nonostante i piedi continuino a camminare.
Trovi che ci sia un momento in cui ti accorgi che è il Cammino di Santiago a servirsi di te, come pellegrino, per i suoi fini e che tu, compiendo il Cammino, alimenti la vita del cammino e lo fai vivere?
Non mi è sembrato di essere usata dal Cammino. Ogni pellegrino alimenta il Cammino con i propri passi. La storia del Cammino è quella della strada o di chi ha percorso la strada?
Dentro di te, al termine del Cammino, rimane qualcosa di incompiuto: qualcosa che ancora vorresti nel Cammino e per il Cammino?
Non mi è sembrato di essere usata dal Cammino. Ogni pellegrino alimenta il Cammino con i propri passi. La storia del Cammino è quella della strada o di chi ha percorso la strada?
Infine due ultime domande che riguardano coloro che non vogliono lasciarsi "dominare" da l Cammino e che lo vivono in maniera in qualche modo distorta. Cosa pensi dei pellegrini turistici e di quelli che, pur di avere riconosciuto il pellegrinaggio con tanto di timbri sul tesserino del Pellegrino, compiono a piedi soltanto gli ultimi 100 km? Trovi che il Cammino sopravviverà anche a questa forma di consumismo turistico?
L’attestato finale è solo un pezzo di pergamena. Si può mostrare agli amici, ma la vera prova di aver compiuto il cammino è la persona che lo ha fatto. La sua vita non è più uguale. Ritengo che questo sia un percorso da compiere per intero e in una volta sola altrimenti non si possono capire e avere gli adattamenti fisici e mentali che tutto il percorso comporta. Fare gli ultimi 100km serve a poco. E’ come mangiare una porzione di cibo. Non è un pasto, non lo si assapora del tutto e non sazia. Non esistono le scuse del tempo da dedicargli. Quando qualcosa è importante per la propria vita il tempo lo si deve trovare. Gli ultimi 100 km sono molto turistici. Santiago si trasforma in un mercato. Quanto di più distante dallo spirito del Cammino. Gli interessi economici cercano di invadere ogni aspetto della vita. Bisogna isolarsi. Se non si è in grado di compiere l’intero cammino, esistono pellegrinaggi più brevi nel mondo. Secondo me qualsiasi percorso va compiuto dalla partenza alla fine, non esistono scorciatoie.
E cosa pensi, alla luce di ciò che hai osservato, di quelli che vi si accostano con piglio sportivo, tentando di fare del Cammino un'occasione di performance sportiva da misurare, cronometrare, etc etc?
Chi cerca una prestazione sportiva può scegliere migliaia di percorsi nel mondo. Chi sceglie Santiago, secondo me, troverà strada facendo qualcosa di più di quello per cui era partito.
Quali consigli daresti a chi si accinge ad affrontare per la prima volta il Cammino di Santiago.
Spaziando dai suggerimenti tecnici a quelli relative all'attitudine interiore.
Santiago bisogna compierlo quando si sente la necessità. E’ un richiamo. Non si riesce a sopprimere. La motivazione per partire deve essere forte. L’arrivo sembra non giungere, ma è fermo lì ad aspettare, ognuno con il proprio passo. Dal punto di vista tecnico consiglio di portare al massimo 5-6 kg sulle spalle. Utilizzare un buon paio di scarpe comode. Bere molto e spesso. Ci sarebbero mille consigli tecnici a partire dalla prevenzione e cura delle vesciche all’abbigliamento, servirebbe un capitolo intero. L’importante resta, secondo me, la motivazione. Tutto il resto sono dettagli che si aggiustano. E’ il volere che conduce alla realizzazione.
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