La recente impresa compiuta da un manipolo di runner che hanno corso in tappa unica da Torino a Roma (su una distanza complessiva di 712 chilometri), mi ha fatto venire in mente l'impresa di Carlo Airoldi, vissuto in un periodo in cui si sviluppava un'attenzione crescente per le attività ginnnastiche (che, spesso, senza nessuna specializzazione, includevano la pratica della Box, il Ciclismo, il Podismo, la Marcia e la Ginnastica. Insomma, gli sportivi di quell'epoca erno a tutti gli effetti degli autentici "factotum", interessati a molte cose, spesso le più disparate, ma con l'obiettivo di mettersi a confronto con obiettivi sfidanti. Prima del 1996, anno in cui - è risaputo - furono celebrati i primi Giochi Olimpici della modernità, era invalsa la consuetudine di organizzare eventi di marcia/corsa su distanze prolungate in linea, da una città all'altra (per esempio: Milano-Torino, sino alla incredibile Milano-Barcellona, alla quale Carlo Airoldi partecxipò, vincendola.
Poi, arrivo la maratona olimpica e, per decenni, la distanza di maratona, normata dai giudici di gara e dai regolamenti di gara, occluse tutto quello che c'era stato prima. L'interesse del grande pubblcio si spostò sulla sfida di Maratona (cui venne datoa una grandissima popolarità con l'impresa di Dorando Pietri, a Londra, nel 1908, e il grande pubblico dimenticò quelle sfide che sino all'ultimo decennio del XIX secolo avevano infiammato la fantasia popolare.
Carlo Airoldi, assieme ad altri personaggi come Ettore Bargossi, rappresenta - a tutti - gli effetti - un precursore dell'ultramaratona.
Il volume di Manuel Sgarella (uscito nel 2005) ha avuto l'indubbio pregio di recuperare dall'oblio Carlo Airoldi e le sue "mitiche" imprese, avvalendosi di documenti inediti e di articoli giornalistici del tempo. Di seguito, la recensione, pubblicata a suo tempo nel sito web della IUTA.
E' stata pubblicata in volume, nel 2005, la storia di Carlo Airoldi (Origgio, 1869-1929), che si può considerare a tutti gli effetti un vero precursore dell'ultramaratona italiana. "La leggenda del maratoneta. A piedi da Milano ad Atene per vincere l'Olimpiade" (Macchione Editore, Varese) è stato scritto da giornalista e sceneggiatore Manuel Sgarella che si è avvalso di preziosi documenti d'epoca e delle testimonianze di suoi discendenti, per costruire una storia in cui lo stesso Carlo Airoldi, in prima persona racconta di sè e della sua imprese, sino all'avventura ateniese.
Carlo Airoldi, ginnasta, ciclista e runner, visse in un periodo in cui la pratica dello sport prendeva piede non solo come passatempo dei ricchi e degli aristocratici, ma anche come occasione di afffrancamento dei lavoratori e dei proletari. Airoldi visse in un periodo in cui il ciclismo e il podismo, in quanto sport "popolari" avevano ancora eguali chance di sviluppo, con qualche punto di vantaggio anzi a favore del podismo che veniva interpretato come impresa sulle lunghissime distanze.
Poi, per una serie di circostanze diverse, tra le quali - non ultima - l'affinamento della tecnologia di costruzione dei velocipedi, l'ebbe vinta il ciclismo con l'emergere - all'inizio del secolo scorso - delle due grandi manifestazioni a tappe ciclistiche europee (Giro d'Italia e Tour de France), mentre invece il podismo "a tappe", oppure su "tapponi" unici, si eclissava a causa della standardizzazione della distanza di maratona.
Carlo Airoldi fu un personaggio "al bivio", combattuto (come del resto fu anche Dorando Pietri all'inizio della sua carriera di maratoneta, qualche anno più tardi) tra la seduzione del ciclismo e quella del podismo, quest'ultimo peraltro interpretato più come "ultramaratona" che non come corsa su brevi distanze.
Nel suo lungo curriculum podistico, Carlo Airoldi partecipò a numerose gare su distanze dai 50 km in su: la Milano-Cernobbio, tra il 25 e il 26 giugno 1894; la Lecco-Milano tra il 22 e il 23 luglio 1894 di cui fu vincitore; la Torino-Nizza Mare, sulla distanza di 210 km tra l'8 e il 9 settembre 1894; e, infine, la Milano-Barcellona, di 1020 km, di cui fu dato lo start l'8 settembre 1895 per concluderla entro il 22 settembre) che egli vinse alla testa di altri cinque "superstiti", con grande clamore di pubblico.
"Il ricevimento a Barcellona fu festosissimo. Intervennero cittadinanza, consoli, varie società, rappresentanze della marina italiana. Si fece una bicchierata fraterna, in cui si brindò ai sei campioni molto ammirati. Il Carlo Airoldi è molto noto a Milano, giacchè partecipò a tutte le principali corse pedestri tenutesi in questi due anni. Arrivò primo nella Milano-Lecco. E' piccolo, tarchiato, robustissimo." (pp 78-79)
Carlo Airoldi, avuta notizia che, in occasione della prima - ancora oscura e poco - nota manifestazione dei Giochi olimpici nel 1896 (la storica I Olimpiade moderna), si sarebbe corsa una gara internazionale sulla distanza di 40 km, decise di partecipare: e, considerando la sua preparazione, avrebbe avuto forti titoli per vincere. Qui sarebbe stato l'unico atleta a rappresentare l'Italia.
In mancanza di mezzi economici, e con l'unica sponsorizzazione (in questo fu moderno ed anticipò sicuramente di molto i tempi) da parte di un piccolo giornale locale "La Bicicletta" (in questo Carlo Airoldi fu assolutamente moderno e quasi un precursore, quando invece Statunitense e Inglesi, spesso aristocratici erano finanziati dalle Università), all'età di 26 anni, se ne partì a piedi da Milano il 28 febbraio 1896 e, a grandi tappe, raggiunse Atene via terra nel pomeriggio del 1° aprile, pochi giorni prima dell'inaugurazione dei giochi (che avrebbe avuto luogo il 6 aprile.
Così, il suo racconto, dopo il passaggio del confine:
"Vedendo il tempo migliorare e la pioggia darmi una tregua nella sua stressante insistenza, pensai ingenuamente che il peggio fosse passato e che nei giorni a veniremi sarebbe stato tutto più semplice. Avevo percorso in otto giorni 520 k, una media di 60 al giorn. Considerando che che ero stato costretto a fermarmi un giorno a Trieste per il passaporto, i numeri mi consolavano" (p. 41)
Il grande favorito della maratona che, per il suo significato simbolico, sarebbe stata la gara clou dei giochi era il greco Spiridon Louys: anzi, segretamente, nella mente degli organizzatori, per il rispetto della retorica che si stava costruendo attorno alla distanza di maratona, avrebbe dovuto essere proprio il Greco a ottenere la vittoria.
Forse, fu proprio per motivi legati a questa necessità che Carlo Airoldi, alla vigilia della maratona, venne squalificato, promotore della severa decisione un componente italiano dell'allora neo-nato Comitato Olimpico Internazionale, con la motivazione che egli non era un atleta puro, avendo accettando in occasione di una gara paesana a Rogoredo oltre a dei premi in natura, anche qualche lira (15 lire per l'esattezza).
In seguito, Airoldi commentò: “Vedere arrivare il primo in mezzo a tanta festa ed io non poter correre per delle ragioni assurde, fu il più grande dolore della mia vita”.
In questo senso, questo autentico precursore ed interprete dell'ultramaratona italiana, fu una vittima d'antan della retorica dei Giochi Olimpici e della forzata interpretazione del dilettantismo "puro" imposta da quel manipolo di aristocratici che avevano varato i giochi olimpici moderni, guidati da de Coubertin.
Malgrado la sua esclusione clamorosa, al suo ritorno in Italia, Carlo Airoldi, venne considerato un vero eroe popolare e a lungo ricordato: a lui, anni, dopo Gianni Brera dedicò uno dei suoi magistrali articoli (peraltro riportato nel volume di Sgarella).
Il piccolo volume è estremamente interessante non solo per l'impianto diaristico con cui l'autore narra la storia di Airoldi (fingendo che sia lui stesso a narrare le proprie imprese sino all'a esaltante ed insieme sfortunata avventura ateniese), ma anche perchè nella sua seconda parte la storia è corredata da una serie di documenti iconografici, riproduzioni d'articoli d'epoca, foto, per lo più vecchi dagherrotipi, e per finire alcuni magistrali articoli, tra cui quello di Gianni Brera (testo integrale) pubblicato su "Il giorno", il 4 novembre 1956.
Il percorso seguito da carlo Airoldi nel suo viaggio pedestre sino ad Atene