(Maurizio Crispi) Guardando alla sempre più ricca biblioteca dei libri di saggistica, diaristica e di memorie sulla corsa, volendo affrontare un proprio personale percorso di lettura, si potrebbe rimanere con l'imbarazzo della scelta e delle priorità da dare. Ma se appena ci si vuole addentrare nel mondo della corsa come "esperienza" e non tanto di semplice attività che possa essere trattata esaustivamente con piglio manualistico, ecco che Correre è una filosofia. Perchè si corre (Ponte alle Grazie, 2014) di Gaia De Pascale ci offre un tesoro di riflessioni, ma anche di riferimenti ad altre letture possibili.
Il volume, nell'esperienza di scrittura dell'Autrice, si pone un po' come la naturale continuazione di alcune sue opere precedenti, ma soprattutto dell'intervista inspiratrice e illuminante a Marco Olmo che si è sviluppata come una narrazione sulla storia dell'uomo-emblema dei trail di lunghissima distanza e sulle sue motivazioni alla corsa (la corsa come riscatto).
Benché nel titolo compaia la parola "filosofia" Gaia De Pascale non è una filosofa ma è un'esperta in Analisi testuale ed interpretazione di testi e romanzi. E rivela pienamente le sue competenze nel prendere in esame la corsa,il correre, le sue pratiche e tutto ciò che vi è annesso associativamente come un grande testo fitto di storie reali ed immaginarie da analizzare, interpretare e connettere.Tutto ciò anche alla luce delle sue personali esperienze di corsa Una passione che - seconda quanto dichiara l'Autrice è nata anche grazie a Marco Olmo, suo ispiratore ("...se non avessi consociuto il suo spessore umano e il suo spirito indomito non avrei mai corso e non avrei maii scritto di corsa", ib. p. 183) e che deve per altri versi al padre per le sue qualità interiori e che se n'è andato prima di sapere di questa sua passione ("...ogni volta che esco in strada con le scarpe da running è il nostro momento, anche se lui non lo sa. E' a questo grande campione di resilienza che penso quando vado a correre", ib.).
In ogni caso, dalle pagine di questo libro che vengono a comporre un variegato mosaico, ciò che emerge in modo precipuo - come del resto dice il titolo - che correre è una filosofia (quindi, è molto di più di un semplice sport o di una mera attività fisica): anzi, si potrebbe dire che correre è un insieme di molte ed originali "filosofie", filosofie di vita e filosofie dell'essere, tanto per rimandare alla famosa dicotomia posta da Erich Fromm tra avere ed essere in uno dei suoi più acclamati testi (cfr. Erich Fromm, Avere o essere?, Mondadori, 1986).
Usando le parole dell'autrice, dal capitolo conclusivo dal titolo, Correre non serve a niente (Ovvero la felicità della corsa), abbiamo un distillato efficace di ciò che il volume ci racconta capitolo capitolo.
(...)
Si corre per dimostrare il proprio valore ...
Si corre per recuperare la propria infanzia ...
Si corre per agguantare la propria libertà...
Si corre per dare più senso alla propria vita o per costruirsene una diversa...
Si corre per provare emozioni...
Si corre perché si è un po folli e perché si cerca, nel caos contemporaneo, di trovare il proprio scampolo di solitudine. ...
Si corre per provare dolore e per imparare ad accettarlo...
Si corre per spogliarsi dei condizionamenti e fare qualcosa solo per sé...
E ancora si corre perché si è competitivi, perchè si ama la natura (...) per scappare dalla povertà, per affrontare incubi e paure...
(...) Si corre perché piace
Perchè correre rende felici. La felicità del niente che si srotola in un tempo suo proprio, al di l° del lavoro, del tempo libero, delle tabelle di marcia delll'efficienza. La felicità del non avere nessuna risposta per una domanda, del non saper giustificare quello che si sta facendo (...).
Eccola qui, la felicità della corsa, il gusto di un gesto senza senso, che non produce niente, che non serve a niente.
(...)
Vince chi gode di più.
In fondo quale felicità più grande si potrebbe rincorrere?
Ed ecco che nel suo libro, suddiviso in alcune parti tematiche (tanto per fare degli esempi, ne cito alcune: Corsa e infanzia, Corsa e dolore, Corsa e solitudine), interagiscono personaggi mitologici che compaiono nella storia primeva dell'uomo, ma che scaturiscono anche dalla potente fabbrica mitopoietica del cinema e della letteratura con personaggi reali, in carne ed ossa, ciascuno dei quali diventa il portatore di una storia emblematica e l'esemplificazione d'un enunciato, relativo alla corsa. Quindi, il testo di Gaia De Pascale si legge volentieri, sia da non "addetto ai lavori", sia da praticante della corsa, perché nelle sue pagine dense di aneddoti e pullulanti di storie di vita, ci si incontra con le proprie personali esperienze, si ha l'occasione di rifletterci su e di metterle a confronto con quelle di altri, di "categorizzarle" in un certo senso. Ma ciò che piace (che a me è piaciuto particolarmente) è lo sforzo continuo di dare un senso a ciò che è apparentemente insensato, in un percorso inverso a quello compiuto da altri che, ad esempio, si sono trovati ad affrontare la Maratona di New York per la prima volta, avendo scolpito nella mente in lettere cupe il livido scenario proposto da Baudrillard.
E si apprezzano anche le luminose pagine di esegesi di alcuni dei più bei film sulla corsa mai prodotti ed anche di alcuni testi letterari, alcuni dei quali sono dei "classici" come il famoso racconto di Alan Sillitoe "The loneliness of the long distance runner", (magistrale, anche perché fu scritto da uno confinato nella sua sedia a rotelle), mentre altri sono esaminati sotto una luce nuova, come ad esempio la classica storia di Pinocchio, corridore per gioia ed esuberanza, ma anche per necessità (per salvarsi la vita dalle situazioni scabrose nelle quali si caccia): alla luce delle osservazioni dell'autrice, provate a rileggere Pinocchio e potrete accorgervi - quasi con stupore - che Pinocchio - sin dalla nascita e prima di diventare un bambino vero, cioè un bambino assennato pronto ad assorbire tutte le regole della "normalizzazione" - è un maratoneta assatanato che può correre (e nuotare) per dieci o quindici chilometri di fila sena nessun problema.
E, ovviamente, la sua lettura è una selva di rimandi ad altre letture, tutte adeguatamente citate in una ricca bibliografia finale, scorrendo la quale, il lettore attento si divertirà ad individuare i libri che ha già letto e che fanno parte del suo bagaglio culturale e quelli che potrebbe ancora esplorare.
Alla fine, nel breve capitolo finale che è stato ampiamente citato prima, Gaia De Pascale tenta di realizzare un distillato di ciò che ha raccontato ed esposto in ciascun capitolo ed ecco che nasce una sintesi finale sui "perché" e sulle "motivazioni" della corsa, concludendo che quando ci sono troppe motivazioni sottese a qualcosa che piace fare, va a finire che queste motivazioni si annullano a vicenda. Averne molte di motivazioni (o infinite) equivale a non averne affatto, insomma. Ma forse la cosa che, più di tutte soggiace alla corsa, è una motivazione non-motivazione come la festa di non-buon compleanno che il Cappellaio Matto dispensa ad Alice, un aspetto quasi paradossale che rimanda alla più pura dimensione dell'Homo ludens: e cioè che correre è bello, perchè correre è un'attività in sé inutile, e forse è proprio questo a renderci felici, quando la pratichiamo.
(Dal risguardo di copertina) «Correre rende felici». Si potrebbe riassumere così l’affascinante percorso che Gaia De Pascale traccia in queste pagine: unica fra tutte le discipline sportive, la corsa è una filosofia di vita, e insieme metafora stessa del vivere. Chi corre lo fa per spezzare ogni condizionamento o limite: si oppone al destino, esprime la propria nostalgia per l’infanzia perduta o per un ideale di purezza e autenticità a cui tendere, sfoga emozioni e tensioni sopite da troppo tempo, supera le barriere che la vita gli ha imposto. In una parola, correre è sinonimo di libertà, oltre i vincoli sociali, culturali, oltre le sbarre di qualsiasi prigione, mentale o reale, fisica o emotiva.
Ecco quindi una ricchissima carrellata di figure, ognuna emblema di tale pulsione, dal mito greco ai conflitti sociali del Novecento, dalla savana africana ad Alice nel Paese del Meraviglie, dagli scatti brucianti dei velocisti alle imprese titaniche degli ultrarunner, fra cui spicca il leggendario Marco Olmo. Le storie raccolte in questo libro sono tante e diversissime fra loro, lontane nello spazio e nel tempo della storia, ma non è difficile riconoscerne un centro comune. Quando si tratta di correre, agonismo e competizione non contano più di tanto: l’obiettivo non è sconfiggere l’avversario o inanellare l’ennesimo record, ma arrivare in fondo, raggiungere il traguardo, vincere la sfida che prima di tutto affrontiamo con noi stessi, le paure, le prove durissime di cui il destino ha costellato la nostra strada. Correre è persino una forma di follia, ma di «follia sana, una follia che è salvezza». E la proverbiale «solitudine del maratoneta» non è mai una cella, ma la libertà più pura, la vittoria più profonda, la capacità di arrivare al fondo di noi stessi, di pensare l’impensabile. Quando si corre ci si dimentica della fatica, del dolore, del respiro che sembra mancare a ogni passo. Ci si dimentica perfino di correre: «Forse il segreto è tutto qui. Correre come si sogna».
(Un brano) "Eccola qui, la felicità della corsa, il gusto di un gesto senza senso, che non produce niente, che non serva a niente. Nemmeno il traguardo conta. Nemmeno il risultato
Kilian Jornet con una semplice frase dice tutto quello che c'è da dire: 'Non è più forte colui che arriva primo, bensì colui che gode maggiormente facendo ciò che fa.' Vince che gode di più. In fondo, quale felicità più grande si potrebbe rincorrere?"
Nota bio-biobliografica sull'autrice. Gaia De Pascale, nata a Genova nel 1975, è dottore di ricerca in Analisi e interpretazione dei testi italiani e romanzi. Lavora come redattrice, consulente editoriale e ghost writer. Studiosa di letteratura e antropologia, tiene regolarmente lezioni presso master, corsi di specializzazione e corsi di scrittura creativa. Ha pubblicato, tra gli altri: Scrittori in viaggio. Narratori e poeti italiani del Novecento in giro per il mondo (Bollati Boringhieri, 2001) e In viaggio (con Giorgia Previdoli, Feltrinelli Kids, 2013). Ma anche per la casa editrice Ponte alle Grazie: Il Corridore. Storia di una vita riscattata dallo sport (Intervista autobiografica con Marco Olmo, co-autore dell'opera), Slow Travel. Il lusso di perdere tempo.
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Web: www.gaiadepascale.it/