Niccolò Fabi, un cantautore italiano, canta “la solitudine è amara beatitudine, per me. E' necessaria come un vizio e la coltivo un po' per sfizio”. Per te, Katia, cos'è la solitudine? Che rapporto hai con lei e che valore ha all'interno della tua vita quotidiana?
Io ho sempre pensato di soffrire, di patire, l'idea di rimanere sola, ma in realtà spesso e volentieri sono sola nella mia vita.
Trasferendomi da Milano ad un paesino su un cucuzzolo di una collina di poco più di 300 abitanti, mi sono accorta che molto del mio tempo lo passo da sola e non mi pesa. A volte chiaramente ho il desiderio e il piacere di condividere del tempo e delle esperienze con gli altri, ma anche lo stare da sola lo trovo piacevole.
Sicuramente con il tempo ho imparato che a volte le persone riempiono il tempo per non stare da sole, ma queste cose hanno poca qualità. Quindi ho imparato a preferire di condividere il mio tempo con persone care, che posso anche darmi un ritorno esperienziale e valoriale. Se non c'è invece uno scambio arricchente credo sia meglio anche stare soli.
Credi la solitudine possa darti qualcosa che la folla e il gruppo non possano darti?
La solitudine ti permette di approfondire dei pensieri di natura introspettiva che con altri non potresti sviluppare. Non rapportandoti con altri credo sia più facile entrare nella propria sfera personale.
Chiaramente anche lo stare troppo soli non credo faccia bene. Ovviamente mi alleno anche con amici che condividono la mia passione. Entrambe le dimensioni se portate all'estremo credo siano dannose, è bene anche qui trovare un equilibrio.
Pensando alle tue gare, credo che una tua dote sia la resistenza. Ripensando alla tua vita, fin da quando eri bambina, c’è stato un momento o un’esperienza in cui ti sei accorta che eri portata per “la resistenza” e che la sensazione di superare la fatica ti poteva piacere?
La prima cosa che mi è venuta in mente è che la prima volta che ho dovuto dimostrare a me stessa la mia resistenza è quando a sei anni stavo rischiando di annegare. Ho chiamato aiuto per moltissimo tempo
Ero andata al largo con alcuni amici un po' più grandi di me e mi sono trovata in un mulinello che mi trascinava sotto. In quel momento mi trovavo sola, i miei amici non mi sentivano, e c'era questa forza che mi trascinava giù e ho capito che non dovevo mollare.
Mi ricordo che tenevo in mano con forza una maschera che tanto avevo desiderato e che mi era stata regalata dai miei genitori, perchè non volevo lasciarla. Non so con precisione quanto tempo ho chiesto aiuto, ma può essere passata mezz'ora, e mi sono resa conto che non potevo mollare.
Questo è stato il primo approccio, ma devo confidarti che sono sempre stata una persona che “non mollava” facilmente. Anche crescendo con un gruppo di amici maschi con cui facevamo cose un po' “estreme”, come pedalare per 40 km in bici tra i parchi, per stare dietro a loro che erano “più forti” di me, io non potevo mollare.
Trovavi piacevole queste attività di resistenza?
Nell'infanzia non ti domandi se provi piacere o meno. Ti trovi in una data attività, la fai. Chiaramente essendo in compagnia c'era anche un aspetto di piacere.
Se penso alla vita attuale il superare una fatica porta soddisfazione, perchè riuscire a fare qualcosa che in un dato momento era fatico, ma sei riuscito a superarlo penso sia gratificante per chiunque.
Durante le tue ore di corsa esistono dei pensieri a cui ricorri attivamente per far fronte ai momenti di difficoltà? Ti posso chiedere quali sono?
Io lavoro con un mental coach (Luca Taverna). Di mio avevo innate degli approcci di pensiero che normalmente si trattano con un mental coach, ma il lavoro con lui mi ha permesso di sistematizzarle e di farle diventare un metodo.
Un trucco per superare un momento di difficoltà è pensare all'arrivo, al podio, al traguardo, alle persone che si complimentano con te. Anche pensare ad assaporare una vittoria. Chiaramente ciò non significa darla per scontata, perchè questo ti porterebbe a dormire sugli allori. Questo ti motiva ad arrivare, perchè è come il pensiero di un bambino che sa che alla fine c'è la torta. Questo entusiasmo ti porta a vedere la fatica come ad un prezzo da pagare per ottenere un grande regalo.
Un'altra possibile strategia da utilizzare quando sta arrivando una crisi è fare ironia e sdrammatizzare. Nel mio caso, quando sono nel deserto mi dico che se sono li è perchè l'ho deciso io, ho pagato per esserci, mi sono allenata duramente e ora ho la possibilità di vedere dei posti stupendi. Razionalizzo la situazione per evitare di vederla in modo drammatico.
Credi che l'essere donna, una sportiva donna, possa caratterizzare la tua pratica atletica dal punto di vista mentale? Aspetti del tuo essere donna possono avvantaggiarti in allenamento e/o in gara?
Nelle gare a tappe le donne nelle prime fasi sono in posizioni di rincalzo, ma mano a mano che si susseguono le tappe una donna riesce ad avvicinarsi maggiormente ai primi o comunque riesce a guadagnare più posizioni se rapportata ad un uomo. Credo che l'essere maggiormente strateghe ci aiuti sotto questo aspetto. L'essere più debole a livello biologico, avendo muscoli più piccoli ci porta ad essere più strateghe e meno prepotenti nello “spingere”, ci porta, forse, ad avere una marcia in più sotto l'aspetto mentale.
Anche pensando alla maternità e ai nove mesi di gestazione, credo renda chiaro come una donna abbia una grande resistenza innata.
Chiaramente poi più che l'essere donna credo sia il carattere di una persona quello che ti avvantaggia in allenamento o in gara. Anche se una donna può avere dei vantaggi dal punto di vista mentale, ci sono donne stupide come donne intelligenti. Uomini stupidi come anche uomini intelligenti.
So che ti sei impegnata in prima persona per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne e per sostenere l'emancipazione femminile. Parlando di corsa e di sport in genere, in che modo secondo te queste attività possono sviluppare e rinforzare il carattere della “donna moderna occidentale”?
Completerei anche con“uomo moderno occidentale”, perchè quando c'è benessere si tende un po' ad essere molli.
Tornando alla domanda, innanzitutto lo sport cambia la vita, perchè non ci sono scorciatoie e capisci che se vuoi riuscire, indipendentemente da quale sia il tuo obiettivo, ti devi “fare il mazzo”. Questo è già un buon campo per imparare molte cose.
Un altro elemento di insegnamento dello sport è che “nessuno ti regala niente” e soprattutto nel mio sport, quando corri per una settimana ti porti tutto ciò che ti serve sulle spalle e questo ti permette di comprendere quali sono le cose importanti nella vita, ciò di cui hai bisogno. Quando ritorni al mondo “occidentale” capisci quanto tu sia fortunato e impari a valorizzare ciò che già hai senza desiderare necessariamente tante altre cose.
Il fatto di sedersi ad una sedia e mangiare ad un tavolo è un valore aggiunto della vita, perchè se mangi per terra una settimana dopo aver corso ed essere stanco ti rendi conto di quanto sia scomodo. Possono sembrare una banalità un tavolo e una sedia, ma se impari a godere di queste cose, sei felice tutti i giorni.
Anche il lavandino dell'acqua! Se tu passi dai 35 ai 48 gradi, come mi è capitato nel deserto dell'Oman, dove ogni microgoccia dell'acqua è importante a casa tua, dove sei seduta vicino a una fonte di acqua quasi inesauribile, dici “questa è la fortuna più grande del mondo!”.
Credo che anche la donna orientale o africana, se dovesse venire qua, perderebbe la sua forza, perchè anche noi eravamo così prima.
Partecipi a stage di corsa e prepari atleti per corse nel deserto. Quanto conta l'aspetto mentale in questa attività?
Inizialmente ho pensato al 50%, almeno al 50%. Poi riflettendo ho capito che la percentuale sale all'aumentare dei km. Credo si potrebbe quasi fare un grafico.
A me è capitato anche di avere delle crisi correndo 5 km “tirati” e “impiccati”, però psicologicamente potevo dire a me stessa “manca poco” e che è questione di minuti. Se devi fare 100 km e dopo un passo ti rendi conto te ne mancano ancora 99,9 psicologicamente diventa distruttivo.
Più tempo devi stare sulle gambe e più hai bisogno di testa. Il prof. Arcelli diceva che ci può essere un grande atleta a livello fisico, ma se questo atleta non ha una mente che funziona bene non potrà fare una maratona da atleta con la A maiuscola. Io sono completamente in accordo con il prof. Arcelli [continua]
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