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7 agosto 2015 5 07 /08 /agosto /2015 13:32
La lunga marcia sulla Muraglia cinese di Marina Abramović e di Ulay: incontrarsi per lasciarsi subito dopo e per sempreLa lunga marcia sulla Muraglia cinese di Marina Abramović e di Ulay: incontrarsi per lasciarsi subito dopo e per sempre
La lunga marcia sulla Muraglia cinese di Marina Abramović e di Ulay: incontrarsi per lasciarsi subito dopo e per sempre
La lunga marcia sulla Muraglia cinese di Marina Abramović e di Ulay: incontrarsi per lasciarsi subito dopo e per sempreLa lunga marcia sulla Muraglia cinese di Marina Abramović e di Ulay: incontrarsi per lasciarsi subito dopo e per sempre

...ho scoperto la storia di una donna straordinaria, che parla di Cina, di arte e dell’incontro con il grande amore della sua vita, 23 anni dopo averlo lasciato su una Muraglia dall’altra parte del mondo . Marina Abramović e Ulay si conobbero ad Amsterdam nel 1976 e fu più che amore a prima vista. Serba lei, tedesco lui, entrambi nati il 30 novembre, si dedicavano alla nascente arte della performance.
La loro unione fu totalizzante. Formarono un duo che chiamarono The Other e per dodici anni esplorarono i limiti del corpo, delle relazioni umane, del simbolico, dell’arte stessa. Per cinque anni, non potendo vivere delle proprie performance, viaggiarono e vissero in un furgone, mettendo in scena nel frattempo progetti estremi come Death Self, in cui i due unirono le labbra e respirarono l’aria espulsa dall’altro fino a terminare l’ossigeno a disposizione.
Caddero a terra privi di sensi 17 minuti dopo l’inizio della performance. L’idea era quella di esplorare la capacità dell’individuo di assorbire, cambiare e distruggere la vita altrui.
Non è difficile credere che una relazione tanto intensa avrebbe bruciato, prima o poi, tutta l’aria a disposizione. Nel 1988, quando sentivano che la loro relazione stava arrivando alla fine, decisero di compiere un ennesimo, ultimo, atto simbolico, prima di separarsi: sarebbero partiti insieme per la Cina per percorrere la Muraglia Cinese in solitario, dai due estremi opposti, lui dal deserto del Gobi e lei dal Mar Giallo, una camminata di 2.500 chilometri, per poi incontrarsi nel centro del percorso, abbracciarsi e dirsi addio. Il titolo della loro ultima performance era The Lovers.
Così fu: Marina e Ulay si separarono sulla Muraglia Cinese come d’accordo e per 23 anni le loro vite seguirono cammini separati. Fino al giorno in cui fu di nuovo l’arte a metterli uno di fronte all’altra, durante la performance The Artist is Present, in cui la Abramović trascorse 716 ore e mezzo seduta al MoMa davanti a una sedia vuota, dove i visitatori potevano sedersi e sostenere il suo sguardo per qualche minuto. Uno di questi fu Ulay. Il resto lo dicono le immagini.

Laura Mangoni

La lunga marcia sulla Muraglia cinese di Marina Abramović e di Ulay: incontrarsi per lasciarsi subito dopo e per sempre
La lunga marcia sulla Muraglia cinese di Marina Abramović e di Ulay: incontrarsi per lasciarsi subito dopo e per sempre

Sì, Marina Abramovìc e Ulay possono essere ricordati negli annali della storia dell'arte contemporanea per avere lanciato delle ardite e provocatorie esibizioni di performing art. Fece scandalo l'esibizione Imponderabilia, messa in scena a Bologna per la prima volta nel 1977, in cui essi stavano in piedi, totalmente nudi ai lati di uno stretto passaggio: i visitatori dell'esibizione di performing art dovevano passare tra i due. Il passaggio era così stretto che ciascuno, uomo o donna, che fosse doveva girarsi di lato e scegliere - per quanto inconsciamente - di fronteggiare o l'uomo e la donna. Nel contesto di Imponderabilia i visitatori venivano fotografati al loro passaggio assieme ai due art performer.

Furono compagni nella vita e nella performing art per dodici anni di seguito fino a quando decisero di concludere la loro storia con un performing art contest di portata mondiale, nel 1989
Intrapresero, infatti, il cammino lungo la Muraglia Cinese: uno dei due partì da Nord e l'altro dall'estremità sud. Ciascuno dei due camminò per 2500 km - così riportano le cronache di quell'evento - fino a quando si incontrarono a metà circa dell'intera lunghezza della Grande Muraglia.
Quando si incontrarono si dissero addio per non più rivedersi. E in questo modo così plateale finì la loro avventura e la loro vita condivise.

Incredibilmente si rincontrarono a distanza di 30 anni durante una performance al MoMA di Marina nel 2010, in cui il suo goal fu quello di stare seduta ad un tavolo, davanti ad una platea di spettatori per un numero infinito di ore (arrivò ad un cumulo di 716 ore) e, in questo contest, a turno gli spettatori potevano a turno andare a sedersi davanti a lei, stringerle le mani, guardarla negli occhi.
E Ulay con il quale non si vedevano da 30 anni, si presentò.
La scena di questo memorabile incontro venne ripresa in un video che rimane sorprendente ed emozionante.
In fondo, la loro prestazione sulla Muraglia e le 716 ore di Marina seduta al tavolo ispirano la riflessione che, in fondo gli Ultramaratoneti, soprattutto quelli votati alle linghissime distanze e ad imprese solitarie da scirvere come pagine momrabili nella storia delle Ultramaratone, sono degli Art performer: il gesto atletico del runner solitario delle lunghissime distanze può diventare opera d'arte.

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17 luglio 2015 5 17 /07 /luglio /2015 06:59
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza

Sylvain Estibal, L'ultimo volo, Ponte alle Grazie

L'ultimo volo (titolo originale: Le dernier vol de Lancaster, trad. di Orietta Mori), scritto dal francese Sylviain Estibal e pubblicato in Italia da Ponte alle Grazie (2004), racconta la storia di Bill Lancaster (nato il 14 febbraio 1898, a Birmingham, e deceduto nel Deserto del Sahara il 20 aprile del 1933), ex-Ufficiale della RAF, e pioniere dell'aviazione civile, uno di quelli che furono poi definiti "i temerari sulle macchine volanti".

Questo volume l'ho acquistato tempo addietro in un remainder e, finalmente, una volta che nel rimescolamento degli strati archeologici della mia libreria di casa, è venuto alla luce, non ho resistito alla tentazione di leggerlo.
Ed é stata una lettura davvero emozionante. La riproposta del diario di Bill Lancaster, quando agonizzante attende nel pieno del deserto del Sahara dei soccorsi che mai arriveranno.
Bill Lancaster fu un pioniere dell'aviazione e durante la guerra fu arruolato nella RAF. compì delle imprese ragguardevoli tra le quali la traversata in coppia (con la fidanzata Chubbie Miller) da Londra all'Australia, sull'aereo Red Rose.
Successivamente dopo una vicenda di cronaca nera nella quale fu implicato nell'omicidio di un giornalista che, pesantamente durante una sua assenza, aveva corteggiato la sua Chubby.
Al termine del procedimento penale nel quale inizialmente da persona informata sui fatti era divenuto il principale indiziato, venne tuttavia dichiarato innocente in mancanza di prove certe, ma ciò nonostante la stima di cui godeva sino a prima del fatto per via delle sue imprese aviatorie venne ad essere pesantemente intaccata.

In 1932, Lancaster had been in Mexico looking for work. At the same time, Haden Clarke, a male American writer, had been living in Lancaster and Miller's Florida home in order to assist Miller's writing of her autobiography. Clarke and Miller had developed a relationship in Lancaster's absence, and Clarke convinced Miller to leave Lancaster and marry him instead. Upon receipt of this news, Lancaster returned promptly to Florida.
On 20 April, Clarke was killed by a gunshot wound to the head. Despite the facts that the gun was Lancaster's, and that he admitted forging suicide notes found at the scene (one addressed to Lancaster and another to Miller), forensic evidence provided by the prosecution was confusing to the jury.
Albert H. Hamilton, a criminologist with a somewhat sketchy past,[9] provided easy to understand testimony in Lancaster's favor. Additionally, even though Lancaster and Miller had dissolved their romance and partnership, Miller spoke in Lancaster's defense and the trial judge gave a summing up in his favor.
Lancaster was acquitted of murder in just short of 5 hours deliberation. It is regarded that although the evidence was in doubt, a main factor in Lancaster's acquittal was his calm, straightforward, gentlemanly demeanor in the courtroom; and the portrayal of the victim as depressive, drug-addicted and suicidal. Public opinion may also have played its part in influencing the jury; indeed, at one point the behavior of those in gallery became so unruly (cheering for Lancaster), that Judge Atkinson interrupted with a firm, "This is not a vaudeville show!" (da Wikipedia)

 

Decise, nel 1933, di acquistare un aereo - con il supporto dei suoi familiari - e di partire alla ricerca di un nuovo record: la trasvolata da Londra a Città del Capo nel tempo più breve.

Ma, poco dopo la sosta ad Orano (Algeria)  e a Reggane, dove si presentò con un marcato ritardo rispetto alla tabella di marcia, avendo ripreso il volo - forse affrettatamente e senza aver fatto tutti i dovuti controlli e soprattutto senza aver riposato adeguatamente. qualcosa andò storto e di lui si persero le tracce.
Vennero intraprese delle azioni di soccorso e di recupero, ma non con la dovuta tempestività forse. In parte per il fatto che le sue tracce si erano perse durante l'attraversamento di una delle zone più inospitale del Sahara (il deserto del Tanezroufts), ma anche perché il suo nome a causa del precedente giudiziario non era ben visto. E, per lo stesso motivo, la fidanzata, non riuscì ad ottenere uno sponsor, tra i tanti che operavano nel campo delle aziende produttrici di aeroplani, si convincesse ad affidarle un aereo per volare alla sua ricerca: una ricerca che, comunque, senza alcuna indicazione anche solo approssimativa sarebbe stata come ricercare un ago in un pagliaio.
Solo 30 anni dopo, un drappello di militari meharisti francesi, in ricognizione, in quella zona desertica, rilevò in distanza un punto nero che, ad un sopralluogo ravvicinato, fu identificato proprio come la carcassa di un aereo di vecchia costruzione.
Accanto all'ombra di un'ala ridotta ad una mera intelaiatura, giaceva il corpo mummificato di Bill Lancaster.
Appeso all'ala, inoltre, fu rinvenuto un involto al cui interno venne rinvenuto il diario, puntualmente tenuto da Lancaster e contenente il racconto, giorno per giorno, della sua lenta agonia, durata ben otto giorni, dai momenti iniziali in cui grande era ancora in lui la speranza di essere tratto in salvo, alle ultime ore, quando - ormai finita la modesta scorta d'acqua - dominavano lo sconforto e la disperazione e i segni della disidratazione si facevano sempre più evidenti ed incalzanti.
Dal diario e da altre scarne annotazioni sparse che egli fece su altro materiale cartaceo che fu trovato nelle sue tasche si potè individuare esattamente il giorno del decesso.
E venero così scartate una volta per tutte altre ipotesi in merito alla sua scomparsa (come quella secondo cui, costretto ad un atterraggio di fortuna fosse stato assalito e ucciso dai Tuareg).

Having got lost several times, having not slept for 30 hours and being ten hours behind his intended time, Lancaster departed from Reggane on the evening of 12 April to make a 750 mi (1,210 km) night crossing of the Sahara. The Avian's engine failed after less than an hour's flying, and he crash-landed in the desert far north of his expected flight path. Relatively uninjured and occasionally firing flares he awaited rescue. Searches by aircraft however were too far to the south, and a car searching from Reggane was also unsuccessful, and he died eight days later, on 20 April 1933. His final message, written on a fuel card on the morning of the 20th, was "So the beginning of the eighth day has dawned. It is still cool. I have no water. I am waiting patiently. Come soon please. Fever wracked me last night. Hope you get my full log. Bill" (da Wikipedia)

Il libro, costruito come un memoir-collàge che si basa su proprio su quei diari che, dopo gli esami medico legali, vennero restituiti ai familiari e, successivamente, pubblicati integralmente. E ad ogni nota diaristica fanno da contrappunto articoli di giornale, lettere scritte da Chubbie Miller illustranti i suoi disperati tentativi di ottenere un aereo per partire alla ricerca del suo amato, lettere scritte da un ufficiale francese meharista di stanza in un avamposto francese, non distante dal luogo dell'incidente e indirizzate alla sua sposa lontana in terra di Francia.
E' una lettura struggente che parla di una caparbia lotta per la sopravvivenza sino all'accettazione del fatto - ineludibile - di dover soccombere, quando ogni ragionevole speranza di essere salvato si era ormai dileguata, lasciando tuttavia una traccia indelebile della propria lotta.
Attraverso le pagine del volume, seguiamo la sua agonia giorno per giorno, con le sue stesse parole: in contemporanea, l'autore - con licenza letteraria, ma con aderenza ai fatti storici  -ricostruisce lo scenario nel mondo circostante, raccontando delle ricerche che non furono mai condotte con vera determinazione, delle incertezze e delle colpevoli esitazioni (in arte motivate dalla necessità di non sprecare altre vite in un'inutile ricerca)la storia d'amore tra Chubbie Miller e il pilota britannico sino allo sfortunato evento giudiziario che gettò un'ombra su di lui e creò uno stigma dal quale dipese in gran parte la tiepidezza dei soccorsi.
Una storia tragica, che è anche una palpitante storia d'amore.
Come si diceva, le deroghe alla storia reale sono poche e servono soltanto ad accrescere il pathos della vicenda, soprattutto quando Sylvain Estibal immagina che Chubbie sia riuscita ad ottenere un aereo scalcagnato e che giunga direttamente sul posto per tentare di portare le richerche da sola: ed è anche frutto di fantasia l'estremo tentativo di Chubbie di andare ala ricerca del suo Bill a dorso di cammello, perlustrando il deserto con l'aiuto del meharista Chauvet invaghitosi di lei.
La verità assoluta è nei diari di Bill Lancaster che furono pubblicati integralmente poco dopo il loro rinvenimento da Paris Match e che, successivamente, furono integralmente utilizzati nella biografia su di lui, scritta da Ralph Barker.
Del pari reali sono certi articoli di giornali dell'epoca, il cui testo viene riportato, mentre tutto il resto come lettere ed epistolari di vario genere sono frutto interamente della fantasia dell'autore, per quanto assolutamente verosimili e coerenti con la vicenda.
Dal punto di vista formale, la narrazione procede con la scansione temporale dei diari e, ogni giorno trascorso nel deserto, costituisce un capitolo: ogni capitolo presente in epigrafe delle strofe struggenti tratte da canti tuareg che fanno da "soglia" e da"commiato" ad ogni singolo capitolo.

(Dal risguardo di copertina) Nel febbraio 1962, in pieno Sahara algerino, una squadra dell'esercito francese scopre la carcassa di un aereo da turismo precipitato nel 1933 e mai ritrovato. Il pilota Bill Lancaster era partito da Lympne, in Inghilterra, diretto a Città del Capo, per tentare di battere il record di volo, stabilito su quel percorso. Appena diffusa la notizia dell'incidente, inizia una corsa contro il tempo che ha per protagonista la fidanzata di Lancaster, anche essa aviatrice, immediatamente partita per le ricerche e lo stesso pilota, attraverso le pagine del suo diario. Un libro d'avventura e d'amore, ma soprattutto un'ode al deserto, amato e odiato, che affascina e disorienta cambiando per sempre le vite di coloro che lo affrontano.

 

L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
L'Ultimo Volo. La tragica storia di Bill Lancaster: amore e resilienza
Sylvain Estibal

Sylvain Estibal

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18 giugno 2015 4 18 /06 /giugno /2015 06:18

In occasione del Trento Film Festival, ActionMagazine ha intervisto Reinhold Messner sui nuovi modi di parlare di montagna ai tempi di internet.

L'alpinismo ai tempi di internet, con le sue 'dirette' dalle pareti degli Ottomila di tutto il mondo, non spaventa il grandissimo Reinhold. Che oggi ai libri ha affiancato documentari, conferenze, e i suoi bellissimi Messner Mountain Museum. 
La figura di Reinhold Messner è sempre stata e resterà mitica. Non solo per quanto è riuscito a fare in termini di scalate e ascese. Ma anche per la sua attività divulgativa, iniziata scrivendo libri e continuata poi nei suoi musei e attraverso conferenze.

Ne abbiamo avuto dimostrazione anche durante il Trento Film Festival, dove per l'occasione Messner ha condotto con Hervè Barmasse un indimenticabile incontro dal titolo 150-100-50-0- Storie di alpinisti fra il Cervino e la Guerra. Per il pubblico è stata l'occasione di vivere una serata molto ricca di contenuti e spunti, grazie anche all'affiatamento tra i due “mostri sacri”, nato dal comune sentire nei confronti della montagna.

Poco prima che la serata prendesse il via e prendendo spunto da un aforisma di William Blake - “L'incontro tra uomo e montagna può generare grandi cose” - abbiamo avvicinato Messner, per parlare di come si stanno evolvendo i modi e le forme con cui vengono comunicate queste “grandi cose” che nascono dall'incontro fra uomo e montagna.

[Per leggere l'intervista, segui il link sotto]

 

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3 giugno 2015 3 03 /06 /giugno /2015 06:04
San Diego Rock'n'Roll Marathon 2015. La 92enne Harriette Thompson completa la distanza: grande impresa e centrato il suo obiettivo di una raccolta fondi benefici
San Diego Rock'n'Roll Marathon 2015. La 92enne Harriette Thompson completa la distanza: grande impresa e centrato il suo obiettivo di una raccolta fondi beneficiSan Diego Rock'n'Roll Marathon 2015. La 92enne Harriette Thompson completa la distanza: grande impresa e centrato il suo obiettivo di una raccolta fondi beneficiSan Diego Rock'n'Roll Marathon 2015. La 92enne Harriette Thompson completa la distanza: grande impresa e centrato il suo obiettivo di una raccolta fondi benefici
San Diego Rock'n'Roll Marathon 2015. La 92enne Harriette Thompson completa la distanza: grande impresa e centrato il suo obiettivo di una raccolta fondi beneficiSan Diego Rock'n'Roll Marathon 2015. La 92enne Harriette Thompson completa la distanza: grande impresa e centrato il suo obiettivo di una raccolta fondi beneficiSan Diego Rock'n'Roll Marathon 2015. La 92enne Harriette Thompson completa la distanza: grande impresa e centrato il suo obiettivo di una raccolta fondi benefici

Harriette Thompson, una sportiva di 92 anni è diventata ieri la donna più anziana del mondo ad aver completato una maratona.

Il particolare record è stato ottenuto a San Diego, quando una sorridente Harriette Thompson, di 92 anni e 2 mesi, ha tagliato il traguardo delle 26 miglia tra una folla plaudente.

E' accaduto alla "Rock'n'Roll San Diego Marathon" di quest'anno.

Thompson, che è nonna, ha impiegato peraltro un tempo non disprezzabile per una età simile: 7 ore e 24 minuti. "Mi sento un po' rigida", ha detto Harriette poco dopo aver terminato la gara. "A un certo punto ho pensato che non ce l'avrei fatta. Per fortuna c'era mio figlio Brenny che continuava a darmi questi meravigliosi carboidrati".

La signora Harriette, che in passato è guarita da un tumore, ha 10 nipoti.

E questa maratona l'ha corsa accompagnata dal figlio56enne

Ce l'ha fatta Harriette Thompson: a 92 anni compiuti da 65 giorni é la donna piu' anziana a completare una maratona e per questo entra nei libri dei record.

Ma non solo: Harriette, che e' sopravvissuta ad un cancro, con questa sua impresa si fa testimonial di una campagna di sensibilizzazione per la cura della Leucemia e del Linfoma incarnando simbolicamente lo spirito proprio della 'lotta'.

Con la 'Rock 'n' Roll Marathon' di San Diego, In California, oggi la 92enne residente a Charlotte, in North Carolina, è diventata la donna maratoneta piu' anziana ad aver completato un percorso di 26,2 miglia.

Lo ha fatto in sette ore, 24 minuti e 36 secondi -e anche questo e' un record-, alternando il ritmo, ma mai fermandosi, con accanto il figlio 56enne Brenny.

Del resto 'non fermarsi' sembra la massima all'insegna della quale Harriette ha vissuto la sua lunga vita: pianista concertista, madre di cinque figli, ha cominciato a correre che era gia' settantenne e non si e' fermata più. Ogni anno prende parte alla maratona e ogni anno dice che non sa se lo rifara'. Cosi' ha segnato il suo record, battendo l'altra 92enne, Gladys Burrill, che fino ad ora deteneva questo primato dopo aver completato la maratona di Honolulu nel 2010. E ha anche raccolto in tutto circa 200mila dollari per la causa che rappresenta.

All'inizio - racconta ai molti media corsi ad intervistarla - credeva che avrebbe soltanto camminato e nemmeno per l'intero percorso. E che sarebbe stato sufficiente, pur di dare una mano con quella importante campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi organizzata dalla chiesa che frequentava. Invece, una volta sul circuito, gli altri correvano ed ha cominciato a correre anche lei: era nata una stella. "Non credo che sarei ancora in vita oggi se non facessi questo - ha detto - io aiuto loro (l'associazione benefica ndr) e in un certo senso loro aiutano me".

E dire che proprio quest'anno le premesse non lasciavano intravedere nulla di buono: intanto ha potuto allenarsi meno del solito nei mesi che hanno portato alla gara che hanno coinciso con l'aggravarsi del le condizioni di salute del marito, anche lui ultranovantenne sposato 67 anni fa che e' morto lo scorso gennaio perdendo la sua di battaglia col cancro. Nonostante le circostanze Harrietta ha voluto pero' esserci anche per questa maratona, la sua 17esima: "E' anche una questione personale, credo davvero che sia importante".

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26 maggio 2015 2 26 /05 /maggio /2015 06:51
In Cammino con l'Io piccolo. Nel volume di Viliam Amighetti un ricordo/biografia di Roby PiantoniIn Cammino con l'Io piccolo. Nel volume di Viliam Amighetti un ricordo/biografia di Roby Piantoni

Il libro di Viliam A. Amighetti"In cammino, con l'io piccolo" (Viliam Amighetti Editore, 2015)racconta in prima persona la storia di Roby Piantoni, l'alpinista bergamasco, scomparso nel 2009 sulla parete Sud della Shisha Pangma: una creatura speciale fatta di montagna e di luce.

Il volume verrà presentato a Colere sotto la Presolana, il 2 giugno 2015, in occasione della due giorni dedicata al ricordo di Roby e alle iniziative dell'Associazione a lui dedicata, che porta avanti i progetti "Insegnanti per il Nepal" e "Street Doctor".

Di seguito, un ricordo di Roby Piantoni, scritto da Davide Sapienza.

In Cammino con l'Io piccolo. Nel volume di Viliam Amighetti un ricordo/biografia di Roby PiantoniIn Cammino con l'Io piccolo. Nel volume di Viliam Amighetti un ricordo/biografia di Roby Piantoni
In Cammino con l'Io piccolo. Nel volume di Viliam Amighetti un ricordo/biografia di Roby Piantoni

Roby Piantoni nasce a Colere nel ‘77 e da subito segue le orme del padre, l’alpinista Livio Piantoni, tra i sentieri e le pareti della Valle di Scalve, ai piedi della sua amata Presolana. Si appassiona presto a tutte le discipline della montagna diventando un abile alpinista, tanto da conseguire giovanissimo il titolo di Guida Alpina prima e Guida Alpina Istruttore in seguito. Oltre alle montagne di casa, Roby ha salito le montagne delle Alpi e della catena himalayana, fino a coronare il suo sogno nel 2006 di raggiungere senza ossigeno la vetta più alta del mondo, l’Everest. Roby è mancato nell’ottobre 2009, durante la spedizione allo Shisha Pangma (Tibet).
I suoi obiettivi non erano solo quelli di scalare le montagne più alte ma soprattutto ha dedicato molto del suo tempo a trasmettere la sua passione e amore per la montagna ai più giovani, insegnando loro le pratiche alpinistiche ma soprattutto dedicandosi alla valorizzazione e lo sviluppo di vie e falesie della Valle di Scalve. Tra i suoi progetti, la falesia di arrampicata oggi a lui dedicata di Pian di Vione e la richiodatura delle vie storiche della Presolana Nord.
Roby, nella semplicità e sensibilità che lo contraddistinguevano, ha sempre affrontato la montagna con umiltà e rispetto, sia verso i luoghi sia verso le genti dei Paesi che visitava.
La grandissima passione per la montagna ha portato Roby tra le genti dei villaggi più sperduti delle vallate himalayane, portandolo a conoscere non solo le meraviglie della natura ma anche gli usi, le tradizioni e i costumi dei popoli che in Paesi come Nepal, Tibet e Pakistan, vivono, in condizioni di povertà estrema, spesso traendo l’unica fonte di sostentamento dal lavoro stagionale come portatori, cuochi o guide per alpinisti e trekkers. Con la sua semplicità e la sua sensibilità sapeva affrontare la montagna con umiltà e rispetto verso i luoghi, i popoli e le culture. Il desiderio di poter fare qualcosa per migliorare il futuro dei bambini di queste aree, ha spinto Roby nel 2006 a dare vita al progetto Insegnanti per il Nepal h, un progetto di raccolta fondi da destinare alle scuole dei villaggi più poveri di una nazione che tanto gli aveva dato e che lui adorava.

roby Piantoni (sito web)

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22 maggio 2015 5 22 /05 /maggio /2015 06:21
La nuova sfida di Giambattista Marchesi: 100 giorni di corsa in pista deciso a superare il limite di 8260 km

Il bergamasco Giambattista Marchesi, ottantenne di ferro e affiliato alla ASD Runners bergamo, tenterà una sua nuova impresa: quella di correre per 100 giorni in pista, nel tentativo di superare il record attualmente segnato (8260,754 km).

La sua impresa è stata presentata il 20 maggio 2015 presso il centro sportivo di Brembate (Via Oratorio 20).

Nel corso della conferenza stampa è stato presentato il personaggio Marchesi, e si è tentato di rispondere a quesiti come "Cosa può spingere a tentare imprese tanto estreme?", "Come ci si prepara nell'affrontarle?", "Perchè Marchesi ha scelto proprio Brembate per tentare il suo record?".

E' dell'anno scorso (2014), l'impresa analoga dell'ultrarunner bergamasco Lucio Bazzana che, avendo iniziato la sua dì corsa di 100 giorni in pista il 30 maggio 2014, l'ha conclusa il 7 settembre successivo, percorrendo una media di 82 km al giorno e realizzando il record del mondo su pista con l'importo chilometrico finale di 8.260,754 Km.

Questi i numeri che è riuscito a fare il sessantenne atleta bergamasco: 100 giorni di corsa consecutivi, 8.260,754 km, 20.651 giri di pista completati (l'ultimo giro è stato di "solo" 354 m).

L'impresa di Battista Marchesi avrà inizio il 22 maggio 2015 alle ore 12.00.

Lucio Bazzana alla conclusione della corsa dei 100 giorni nel 2014

Lucio Bazzana alla conclusione della corsa dei 100 giorni nel 2014

La nuova sfida di Giambattista Marchesi: 100 giorni di corsa in pista deciso a superare il limite di 8260 km
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13 maggio 2015 3 13 /05 /maggio /2015 05:53

Carmela Motta e Salvatore Marotta, amici di corsa di Elena Cifali, si sono ritrovati a partecipare alla gara a staffetta, abbinata alla prima edizione della 6 ore di San Gregorio (che ha avuto luogo il 9 maggio 2015).
Ma hanno partecipato in squadre avverse: ed è stato così che per un'ora sono stati "nemici", ma anche questa per loro é stata un'esperienza condivisa che Elena Cifali ci ha voluto raccontare.

Carmela Motta e Salvatore Marotta

Carmela Motta e Salvatore Marotta

(Elena Cifali) Per le persone come me le gare non finiscono con l’ultimo passo sotto il gonfiabile.

Per le persone come me le gare continuano nei giorni successivi, nutrendosi dei commenti, dei racconti e dei sentimenti dei partecipanti.

Ho riposato due giorni dopo la fatica di sabato. Oggi il primo allenamento in pista, per sciogliere le gambe. Ad aspettarmi ho trovato Angela, Mela e Salvatore.

Mela e Salvo, marito e moglie innamorati della loro vita sono l’immagine dell’unione e della complicità coniugale. Li ho ad esempio e li osservo spesso per trarre da loro nuovi spunti, punti di partenza per una esistenza sempre migliore.

Anche loro, cogliendo il mio invito, hanno partecipato alla 6 ore di San Gregorio. Si sono ritrovati ad essere rivali per un’ora, correndo per squadre diverse.

Loro due, uniti in tutto e per tutto dalle passioni al lavoro, divisi da una staffetta.

Ho trovato la circostanza curiosa e divertente.

Bene, dicevo: stamattina in pista si parlava, si discuteva di quanto fosse stato bello quel giorno di festa, di corsa, in quell'anello di poche centinaia di metri.

Ho dato il cinque a tutti i bambini che erano schierati alla partenza” - mi dice Salvo con l’entusiasmo che lo contraddistingue e che ormai ho imparato a conoscere.

E’ bastata questa frase a farmi tornare in mente l’episodio che avevo quasi completamente rimosso.

Sì, i bambini li ho visti anche io. Piccoli, belli, festosi. I bambini immagine di purezza e candore che dovrebbe essere - in un mondo giusto ed equo - destinata a durare in eterno!

Quel cinque è bastato a dare una forte carica a Salvo che ha scoperto, provandola su sè stesso, l’importanza emozionale e la carica motivazionale della corsa.
Le sue gambe prendono ad andare più veloci, sollevandosi l’una davanti all’altra con quel ritmo che gli permette di superare gli avversari.

Impegnata nella mia 6 ore podistica li ho osservati, contagiati da quella strana abitudine di correre.
Mela e Salvo, grazie al loro lavoro di fotografia e video sono abituati a guardare e cogliere anche le più piccole sfumature della vita, quegli attimi, ingredienti sostanziali che, agli occhi meno abituati, sfuggono.

Quei bimbi da me quasi del tutto dimenticati restano impressi nella loro mente come una fotografia a colori.
Mi piace pensare che la fotografia sia luce e poesia e per associazione di idee questa coppia così bene affiatata diventa incanto e dolcezza mentre corre, sfidando e sfidandosi, a colpi di chilometri e ripetute, per poi culminare in abbracci che vanno oltre l'amore che li lega da oltre 25 anni.

Ancora una volta, la corsa protagonista consapevole di una qualità di vita migliore che rende, senza ombra di dubbio, frizzante una unione coniugale, già di per se stessa indissolubile.

Auguri, ragazzi, che sia questa la prima di una lunga serie di staffette corse fianco a fianco dove non ci sono né vinti né vincitori, ma solo coraggiosi che tagliano il traguardo da vittoriosi.

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11 maggio 2015 1 11 /05 /maggio /2015 23:47
Marinella Satta, ultrarunner, con il sogno nel cassetto di correre una maratona, palleggiando con due palloni da basket
Marinella Satta, ultrarunner, con il sogno nel cassetto di correre una maratona, palleggiando con due palloni da basketMarinella Satta, ultrarunner, con il sogno nel cassetto di correre una maratona, palleggiando con due palloni da basket
Marinella Satta, ultrarunner, con il sogno nel cassetto di correre una maratona, palleggiando con due palloni da basketMarinella Satta, ultrarunner, con il sogno nel cassetto di correre una maratona, palleggiando con due palloni da basket

Ed ecco un'intervista realizzata da Matteo Simone con Marinella Satta, sportiva di lungo corso, giocatrice di Basket in gioventù, poi passata quasi per caso alla corsa sulle lunghe distanze - maratona ed oltre - con l'esperienza di avere indossato diverse volte la maglia azzurra in occasione dei primi Campionati del Mondo IAU 24 ore su strada a cui l'Italia si è presentata con una sua delegazione. Ma possiamo anche ricordare la sua partecipazione alla prima (ed unica edizione) della Torino-Roma No stop nel 2011, di cui è stata la vincitrice in rosa.
Dopo aver corso una maratona palleggiando con un pallone da basket sino all'ultimo metro di gara, ma anche dopo aver palleggiato per 100 km con un pallone da Basket ed essersi meritata per questo un'iscrizione nel Guinness World Records nel 2011, il sogno nel cassetto di Marinella Satta è quello di correre una maratona, palleggiando contemporeanamente con due palloni da Basket, come ha fatto recentemente alla Virgin Money London Marathon 2015 Jerry Knox in 4:10:44 e stabilendo il nuovo Guinness World Record in questa particolarissima sfida.

Il sogno nel cassetto di Marinella Satta, nata a Domusnovas (Cagliari) e residente in Torino: “Mi piacerebbe fare una gara di 10 giorni, oppure provare a fare la maratona palleggiando con 2 palloni. Appena mi capita l’occasione, spero presto, proverò a fare la maratona con 2 palloni”.

Marinella è una ultramaratoneta, ma ha sempre avuto lo sport nelle vene, lo ha sempre praticato e, a un certo punto del suo percorso, ha scoperto di avere potenzialità inimmaginabili di ultrarunner. Infatti su invito partecipò ad una maratona con soli due allenamenti portandola a termine con un risultato soddisfacente tanto da far nascere in lei una passione vitale per la corsa sulle lunghe e successivamente lunghissime distanze.

Ecco come qual è stato il suo percorso per arrivare a disputare competizioni di corsa di più giorni e le più strane e meno immaginabili, e ciò che succede anche per altri ultramaratoneti, sorprendere se stessi ed il mondo con sfide sempre più difficili.

Qual’è stato il tuo percorso per diventare un’ultramaratoneta? “Per puro caso. Ho cominciato a praticare sport a 12 anni, nel lontano 1969. Ho giocato per 15 anni a basket in Serie C/B. Il 25 aprile del 1978, invitata da un amico, ho partecipato alla mia prima gara podistica, in provincia di Torino, sulla distanza di circa 15 km. Correndo abbastanza bene, per sentirmi alla fine stanca ma soddisfatta. La mia prima maratona la ricordo molto bene, fu il 12 ottobre 1980, e fu il 1° Campionato Italiano di Maratona femminile a Rieti. Arrivai 6^, in 3h25’. Per me fu come se avessi vinto la maratona, in quanto partecipai invitata da Elena Dugongo, grande maratoneta italiana. Io non volevo neanche andarci, in quanto non preparata e poi la settimana dopo la maratona iniziava il Campionato di Basket di serie C. Il mio allenamento di preparazione della maratona fu che la settimana prima, ossia il lunedì e il mercoledì feci circa 20 km in 1 ora e 30’, mentre il martedì, il giovedì e il venerdì ebbi l’allenamento di basket: e, alla fine, partenza sabato mattina per Rieti e domenica maratona”.

Non si smette di essere ultramaratoneti, è la passione che spinge ad andare avanti ed oltre, finchè la salute asssiste. Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Spero di no - finché riesco a correre o camminare e la salute mi assiste, continuo”.

Ed è importante la salute per continuare a coltivare questa passione che comport ore ed ore di allenamenti e gare: quindi, è importante ascoltare le proprie sensazioni corporee, i messaggi che manda il corpo, senza trascurarlo, ma prendendosene cura e facendo analisi ed accertamenti accurati per prevenire probabili ed eventuali infortuni. Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Si, a febbraio del 2014. Dopo aver fatto delle visite di controllo, facendo l’ecocardiogramma privatamente da un medico non sportivo, sono stata indirizzata direttamente all’ospedale per fare accertamenti più accurati, in quanto il medico pensava che avessi un infarto in atto. Andai subito all’ospedale (premetto che non stavo per niente male): quando ci arrivai, mi ricoverarono con codice rosso (al che mi spaventai abbastanza) e mi ricoverarono in terapia intensiva per 3 giorni, facendo tutti gli esami del caso, compresa la coronografia. Meno male che tutti gli esiti erano a posto. Ho dovuto recuperare tutti gli elettrocardiogrammi degli anni precedenti: praticamente ho il cuore d’atleta. Da allora, però, quando mi sento più stanca e stressata del solito, faccio la gara con molta più tranquillità, prendendomi tutte le pause necessarie.”

Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Attualmente prendo la cardiospirina. In genere non prendo medicine o integratori”.

Ai fini del certificato per attività agonistiche, fai indagini più accurate? Quali? “In genere no, a meno che sia il medico sportivo a consigliarmi esami particolari”.

E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva? “No, anche perché non mi sono mai allenata oltre le 2 ore di corsa, per motivi di tempo, lavoro o famiglia. Quindi continuo a correre a sensazione”.

In questo tipo di sport la passione è tanta che ti fa andare avanti e poi la cosa bella è che dopo competizioni di lunga durata dove le risorse energetiche vengono svuotate e si ha difficoltà a reintegrarle in tempo ed in giusto modo, la fame è tanta, l’organismo ha tante voglie, e non c’è preoccupazione di rimpizzarsi troppo, perché poi si brucia tutto. Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta?La passione, lo star bene e il fatto che posso mangiare quello che mi pare”.

Si ha voglia di provare ad alzare sempre un po’ l’asticella e cercare di fare qualcosa di gradualmente un po’ più difficile o in condizioni un po’ considerata più estrema, per stupire, sfidare se stessi, perché gli altri ne possano parlare, per raccontare a se stessi ed a gli altri delle gesta, delle imprese riuscite ed un tempo impensabili. Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Forse, correndo la 6 giorni o la 48 ore su tapis-roulant”.

Ma la 48 ore tapis roulant è stata una gara o è stata un tuo allenamento? Puoi spiegare come l'hai sperimentato l'esperienza del limite? “Ho avuto occasione di fare una 48 ore su tapis roulant dietro invito di Pasquale Brandi. Lui voleva stabilire il record italiano 48 ore su tapis roulant e ha chiesto in giro se c'era qualcuno disponibile a fare la 48 ore su tapis-roulant, assieme a lui. Ho risposto di sì. La gara è stata effettuata nel centro della piazza principale di Potenza tra il 17 e il 18 dicembre 2013, eravamo in 3 a fare questa manifestazione. Ho corso per km 219. Mentre si correva per la 48 ore, in piazza c'erano altri tapis roulant, per le persone disponibili a correre insieme a noi. Comunque ho corso anche una 24 ore per km 151 e una 12 ore per km 88, sempre su tapis roulant. Per quanto riguarda la 6 giorni, è già 3 anni che partecipo alla 6 giorni del Pantano a Potenza. Bellissima esperienza. Specialmente quando si comincia a sentire la stanchezza, la solidarietà tra atleti viene fuori. Alle volte basta anche un piccolo sorriso per farti dimenticare la stanchezza”.

Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Provare a vedere se riesco a terminare la gara e sondare i miei limiti.”

Si diventa dei supereroi, degli immortali, di elevata autoefficacia e fortemente resilienti, si considera di poter far tutto se si vuole, niente è impossibile, se vuoi puoi. Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? Forse la prima volta che feci la Pistoia-Abetone nel 1997, non conoscevo il percorso e le difficoltà. Mi dissi, se riesci a fare questa gara, sicuramente puoi fare tutte le gare che vuoi”.

Qual’è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine? “Non ci ho mai pensato”.

C’è una gara estrema che non faresti mai? “Non lo so”.

Se per i comuni mortali partecipare ad una maratona è ancora un’impresa che richiede una preparazione accurata di diversi mesi non trascurando nessun aspetto, per Marinella ogni distanza, ogni competizione si può affrontare e gestire semplicemente con l’esperienza e la sicurezza acquisita nel corso degli anni, quindi è sempre pronta a partire, a partecipare, a sorprendersi ed a sorprendere. Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Sinceramente non penso mai dove posso arrivare, le cose mi capitano da un momento all’altro. Tutte le gare strane che ho partecipato, sono sempre arrivate così all’improvviso, ho sempre deciso di partecipare nel giro di 1 mese o poco più. Quasi mai calendarizzato una gara”.

E’ difficile coniugare questa passione che porta via tanto tempo per allenamenti e partecipazione a gare con il lavoro e la famiglia, a volte non si è supportati oppure bisogna fare delle scelte che al momento sembrano le più giuste. Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme?Diciamo che sono sempre stata ostacolata”.

Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa? “Niente in particolare, ho continuato a lavorare, a crescere i figli”.

Se potessi tornare indietro cosa faresti? O cosa non faresti?Forse mi programmerei meglio la mia vita sportiva, avrei cercato qualche sponsor, avrei fatto meno sacrifici nella mia vita famigliare e lavorativa”.

Ti va di raccontare un aneddoto? “Si, alla 1 maratona di Rieti del 1980, quando vinse la maratona Maria Pia D’Orlando in h 2h46’, lei aveva 46 anni, praticamente il doppio della mia età, la invidiai in senso buono, tra me e me dissi, a 40 anni anche io andrò in nazionale, se ci arriva lei a 46 anni non vedo perché non possa arrivarci io. In effetti, per puro caso a 42 anni, nel 1999 fui convocata in nazionale per partecipare al Campionato del mondo della 100 km”.

Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Qualità come la passione, e la costanza”

Marinella è determinata: quando si mette in testa una cosa la porta a termine prima o poi. E, se il suo sogno è percorrere una maratona palleggiando con due palloni, aspettiamoci di vederla o sentir parlare di lei.

Matteo Simone è un appassionato dello sport come opportunità di conoscenza della propria persona e per il benessere psico-fisico, emotivo e relazionale.

Oltre ad essere uno sportivo praticante di alcune discipline quali Podismo, Capoeira, Ultramaratone, Ciclismo, è Psicologo e Psicoterapeuta Gestalt, si é specializzato soprattutto nell’ambito della Psicologia dello sport e dell’esercizio fisico, conseguendo un Master di 2° livello presso il Centro Inter-universitario Mind in Sport Team e scrivendo dei testi dove trasmette esperienze, modelli, metodi e tecniche di psicologia dello sport.

Altra sua specializzazione è la Psicologia dell’emergenza acquisita attraverso le diverse esperienze di intervento in ambiti critici quali il terremoto dell’Abruzzo e dell’Emilia, nonché interventi a Lampedusa, ed attraverso la formazione EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) é diventato Referente psicologo per il Lazio del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta (C.I.S.O.M.).

Articolista ed autore dei libri: Sviluppare la resilienza Per affrontare crisi, traumi, sconfitte nella vita e nello sport, MJM Editore, 2014. Doping Il cancro dello sport, Edizioni Ferrari Sinibaldi, Milano, 2014. O.R.A. Obiettivi, Risorse, Autoefficacia. Modello di intervento per raggiungere obiettivi nella vita e nello sport, Edizioni ARAS, Fano, 2013. Psicologia dello sport e dell’esercizio fisico. Dal benessere alla prestazione ottimale, Sogno Edizioni, 2013. Psicologia dello sport e non solo, Aracne editrice, Roma, 2011.

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4 maggio 2015 1 04 /05 /maggio /2015 21:01
Niente é per caso. I pensieri, i sentimenti e le emozioni di Manfredi Salemme continuano a vivere in ciò che ha scritto

Manfredi Salemme, uno dei "Via Alpinisti" ha pubblicato un’opera, Niente é per caso" (a proprie spese), con le sue riflessioni sugli incontri e i paesaggi in cui si è imbattuto cammin facendo. 
Oltre alla sua traversata delle Alpi, "Niente è per caso" racconta anche le precedenti escursioni lungo l’Alta Via dei Monti Liguri e il Sentiero Italia.
Manfredi Salemme non è più con noi (ci ha lasciato stroncato prematuramente da un Male che non perdona l'8 settembre 2014), ma nelle sue parole e in ciò che ha scritto, e soprattutto con ciò che ha seminato in termini di pensieri, sentimenti ed emozioni nelle persone che gli sono state più vicine egli continua a vivere.

Quelle che seguono sono le parole di un omaggio sentito a Manfredi Salemme e alla sua opera.

(SuperElena Cifali) Viviamo anche attraverso il ricordo che gli altri hanno di noi.
Rileggendo le pagine scritte da Manfredi Salemme mi rendo conto di quanto sono stata fortunata ad avere conosciuto un uomo di così grande intelligenza, sensibilità e carisma.
Manfredi era protagonista assoluto della sua vita, al limite dell'egoismo, oserei dire.
Capace di compiere viaggi lunghi migliaia di chilometri con l'unico interesse polarizzato sul Cammino, su se stesso e sulla natura.
Mi manca molto la sua presenza, il suo modo di fare da gentiluomo, così lontano dalla mediocrità di tanti uomini di questi tempi, ma anche il suo modo di osservare le cose e gli accadimenti della vita come un punto di partenza.
E' stato sempre pieno di vita anche quando il Male lo consumava, capace di infondere coraggio ed ottimismo.
Mi ha insegnato il "principio della soddisfazione personale", principio che nelle sue pagine ho riscoperto decine di volte.
Caro Manfredi, con tuoi libri hai lasciato in me una traccia indelebile, una profondo segno di positività che non può che far crescere chi ti legge!

Niente é per caso. I pensieri, i sentimenti e le emozioni di Manfredi Salemme continuano a vivere in ciò che ha scritto
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27 aprile 2015 1 27 /04 /aprile /2015 05:29
Siracusa City Marathon 2015 (16^ ed.). Giustizia per Lele. Alcuni hanno corso esibendo il logo dell'associazione che richiede, dopo 16 anni, giustizia per Lele Scieri

In occasione della 16^ edizione della Siracusa City Marathon che si é svolta Il 26 aprile 2015, il gruppo Verità e Giustizia per Lele Scieri ha invitato gli atleti a correre con il logo #giustiziaperlele.
Noi corriamo già da 15 anni sperando di raggiungere verità e giustizia per Emanuele Scieri – ha dichiarato Salvatore Benintende, uno dei responsabili del Gruppo – quindi anche in questa occasione abbiamo voluto essere presenti per continuare a chiedere l’istituzione della Commissione Parlamentare di Inchiesta che, oggi, grazie anche a coloro che si sono fatti promotori di questa causa, è sostenuta oggi da più di 70 parlamentari”. Gli atleti che abbiamo contattato [nel'area designata per il ritiro dei pettorali, con un apposito stand] si sono mostrati entusiasti di correre indossando il logo #giustiziaperlele, e questo entusiasmo ci ha dato la forza per continuare la nostra lunga maratona parallela”.
Il gruppo Giustizia per Lele, ha ringraziato gli atleti e gli organizzatori della Siracusa City Marathon per la sensibilità e per la disponibilità mostrate e, con l'occasione, invita chiunque voglia portare avanti la sua battaglia di verità, a stampare e usare il logo #giustiziaperlele scaricabile dalla pagina facebook “Verità e Giustizia per Lele Scieri”.

 

L'avvocato Emanuele Scieri, in forza alla "Folgore", fu vittima di un episodio di "nonnismo", al tempo del suo servizio militare e, dopo la sua morte, a distanza di 16 anni, i familiari sono ancorain attesa di risposte e di giustizia, con la costitzione di una Commissione Parlamentare d'Inchiesta.

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Presentazione

  • : Ultramaratone, maratone e dintorni
  • : Una pagina web per parlare di podismo agonistico - di lunga durata e non - ma anche di pratica dello sport sostenibile e non competitivo
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  • Ultramaratone, maratone e dintorni
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.



Etnatrail 2013 - si svolgerà il 4 agosto 2013


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Il perchè di questo titolo

DSC04695.jpegPerchè ho dato alla mia pagina questo titolo?

Volevo mettere assieme deio temi diversi eppure affini: prioritariamente le ultramaratone (l'interesse per le quali porta con sè ad un interesse altrettanto grande per imprese di endurance di altro tipo, riguardanti per esempio il nuoto o le camminate prolungate), in secondo luogo le maratone.

Ma poi ho pensato che non si poteva prescindere dal dare altri riferimenti come il podismo su altre distanze, il trail e l'ultratrail, ma anche a tutto ciò che fa da "alone" allo sport agonistico e che lo sostanzia: cioè, ho sentito l'esigenza di dare spazio a tutto ciò che fa parte di un approccio soft alle pratiche sportive di lunga durata, facendoci rientrare anche il camminare lento e la pratica della bici sostenibile. Secondo me, non c'è possibilità di uno sport agonistico che esprima grandi campioni, se non c'è a fare da contorno una pratica delle sue diverse forme diffusa e sostenibile. 

Nei "dintorni" della mia testata c'è dunque un po' di tutto questo: insomma, tutto il resto.

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Come nasce questa pagina?

DSC04709.jpeg_R.jpegL'idea motrice di questo nuovo web site è scaturita da una pagina Facebook che ho creato, con titolo simile ("Ultramaratone, maratone e dintorni"), avviata dall'ottobre 2010, con il proposito di dare spazio e visibilità  ad una serie di materiali sul podismo agonistico e non, ma anche su altri sport, che mi pervenivano dalle fonti più disparate e nello stesso tempo per avere un "contenitore" per i numerosi servizi fotografici che mi capitava di realizzare.

La pagina ha avuto un notevole successo, essendo di accesso libero per tutti: dalla data di creazione ad oggi, sono stati più di 64.000 i contatti e le visite.

L'unico limite di quella pagina era nel fatto che i suoi contenuti non vengono indicizzati su Google e in altri motori di ricerca e che, di conseguenza, non risultava agevole la ricerca degli articoli sinora pubblicati (circa 340 alla data - metà aprile 2011 circa - in cui ho dato vita a Ultrasport Maratone e dintorni).

Ho tuttavia lasciato attiva la pagina FB come contenitore dei link degli articoli pubblicati su questa pagina web e come luogo in cui continuerò ad aprire le gallerie fotografiche relative agli eventi sportivi - non solo podistici - che mi trovo a seguire.

L'idea, in ogni caso, è quella di dare massimo spazio e visibilità non solo ad eventi di sport agonistico ma anche a quelli di sport "sostenibile" e non competitivo...

Il mio curriculum: sport e non solo

 

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