Il sogno nel cassetto di Marinella Satta, nata a Domusnovas (Cagliari) e residente in Torino: “Mi piacerebbe fare una gara di 10 giorni, oppure provare a fare la maratona palleggiando con 2 palloni. Appena mi capita l’occasione, spero presto, proverò a fare la maratona con 2 palloni”.
Marinella è una ultramaratoneta, ma ha sempre avuto lo sport nelle vene, lo ha sempre praticato e, a un certo punto del suo percorso, ha scoperto di avere potenzialità inimmaginabili di ultrarunner. Infatti su invito partecipò ad una maratona con soli due allenamenti portandola a termine con un risultato soddisfacente tanto da far nascere in lei una passione vitale per la corsa sulle lunghe e successivamente lunghissime distanze.
Ecco come qual è stato il suo percorso per arrivare a disputare competizioni di corsa di più giorni e le più strane e meno immaginabili, e ciò che succede anche per altri ultramaratoneti, sorprendere se stessi ed il mondo con sfide sempre più difficili.
Qual’è stato il tuo percorso per diventare un’ultramaratoneta? “Per puro caso. Ho cominciato a praticare sport a 12 anni, nel lontano 1969. Ho giocato per 15 anni a basket in Serie C/B. Il 25 aprile del 1978, invitata da un amico, ho partecipato alla mia prima gara podistica, in provincia di Torino, sulla distanza di circa 15 km. Correndo abbastanza bene, per sentirmi alla fine stanca ma soddisfatta. La mia prima maratona la ricordo molto bene, fu il 12 ottobre 1980, e fu il 1° Campionato Italiano di Maratona femminile a Rieti. Arrivai 6^, in 3h25’. Per me fu come se avessi vinto la maratona, in quanto partecipai invitata da Elena Dugongo, grande maratoneta italiana. Io non volevo neanche andarci, in quanto non preparata e poi la settimana dopo la maratona iniziava il Campionato di Basket di serie C. Il mio allenamento di preparazione della maratona fu che la settimana prima, ossia il lunedì e il mercoledì feci circa 20 km in 1 ora e 30’, mentre il martedì, il giovedì e il venerdì ebbi l’allenamento di basket: e, alla fine, partenza sabato mattina per Rieti e domenica maratona”.
Non si smette di essere ultramaratoneti, è la passione che spinge ad andare avanti ed oltre, finchè la salute asssiste. Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Spero di no - finché riesco a correre o camminare e la salute mi assiste, continuo”.
Ed è importante la salute per continuare a coltivare questa passione che comport ore ed ore di allenamenti e gare: quindi, è importante ascoltare le proprie sensazioni corporee, i messaggi che manda il corpo, senza trascurarlo, ma prendendosene cura e facendo analisi ed accertamenti accurati per prevenire probabili ed eventuali infortuni. Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Si, a febbraio del 2014. Dopo aver fatto delle visite di controllo, facendo l’ecocardiogramma privatamente da un medico non sportivo, sono stata indirizzata direttamente all’ospedale per fare accertamenti più accurati, in quanto il medico pensava che avessi un infarto in atto. Andai subito all’ospedale (premetto che non stavo per niente male): quando ci arrivai, mi ricoverarono con codice rosso (al che mi spaventai abbastanza) e mi ricoverarono in terapia intensiva per 3 giorni, facendo tutti gli esami del caso, compresa la coronografia. Meno male che tutti gli esiti erano a posto. Ho dovuto recuperare tutti gli elettrocardiogrammi degli anni precedenti: praticamente ho il cuore d’atleta. Da allora, però, quando mi sento più stanca e stressata del solito, faccio la gara con molta più tranquillità, prendendomi tutte le pause necessarie.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Attualmente prendo la cardiospirina. In genere non prendo medicine o integratori”.
Ai fini del certificato per attività agonistiche, fai indagini più accurate? Quali? “In genere no, a meno che sia il medico sportivo a consigliarmi esami particolari”.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva? “No, anche perché non mi sono mai allenata oltre le 2 ore di corsa, per motivi di tempo, lavoro o famiglia. Quindi continuo a correre a sensazione”.
In questo tipo di sport la passione è tanta che ti fa andare avanti e poi la cosa bella è che dopo competizioni di lunga durata dove le risorse energetiche vengono svuotate e si ha difficoltà a reintegrarle in tempo ed in giusto modo, la fame è tanta, l’organismo ha tante voglie, e non c’è preoccupazione di rimpizzarsi troppo, perché poi si brucia tutto. Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? “La passione, lo star bene e il fatto che posso mangiare quello che mi pare”.
Si ha voglia di provare ad alzare sempre un po’ l’asticella e cercare di fare qualcosa di gradualmente un po’ più difficile o in condizioni un po’ considerata più estrema, per stupire, sfidare se stessi, perché gli altri ne possano parlare, per raccontare a se stessi ed a gli altri delle gesta, delle imprese riuscite ed un tempo impensabili. Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Forse, correndo la 6 giorni o la 48 ore su tapis-roulant”.
Ma la 48 ore tapis roulant è stata una gara o è stata un tuo allenamento? Puoi spiegare come l'hai sperimentato l'esperienza del limite? “Ho avuto occasione di fare una 48 ore su tapis roulant dietro invito di Pasquale Brandi. Lui voleva stabilire il record italiano 48 ore su tapis roulant e ha chiesto in giro se c'era qualcuno disponibile a fare la 48 ore su tapis-roulant, assieme a lui. Ho risposto di sì. La gara è stata effettuata nel centro della piazza principale di Potenza tra il 17 e il 18 dicembre 2013, eravamo in 3 a fare questa manifestazione. Ho corso per km 219. Mentre si correva per la 48 ore, in piazza c'erano altri tapis roulant, per le persone disponibili a correre insieme a noi. Comunque ho corso anche una 24 ore per km 151 e una 12 ore per km 88, sempre su tapis roulant. Per quanto riguarda la 6 giorni, è già 3 anni che partecipo alla 6 giorni del Pantano a Potenza. Bellissima esperienza. Specialmente quando si comincia a sentire la stanchezza, la solidarietà tra atleti viene fuori. Alle volte basta anche un piccolo sorriso per farti dimenticare la stanchezza”.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Provare a vedere se riesco a terminare la gara e sondare i miei limiti.”
Si diventa dei supereroi, degli immortali, di elevata autoefficacia e fortemente resilienti, si considera di poter far tutto se si vuole, niente è impossibile, se vuoi puoi. Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? “Forse la prima volta che feci la Pistoia-Abetone nel 1997, non conoscevo il percorso e le difficoltà. Mi dissi, se riesci a fare questa gara, sicuramente puoi fare tutte le gare che vuoi”.
Qual’è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine? “Non ci ho mai pensato”.
C’è una gara estrema che non faresti mai? “Non lo so”.
Se per i comuni mortali partecipare ad una maratona è ancora un’impresa che richiede una preparazione accurata di diversi mesi non trascurando nessun aspetto, per Marinella ogni distanza, ogni competizione si può affrontare e gestire semplicemente con l’esperienza e la sicurezza acquisita nel corso degli anni, quindi è sempre pronta a partire, a partecipare, a sorprendersi ed a sorprendere. Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Sinceramente non penso mai dove posso arrivare, le cose mi capitano da un momento all’altro. Tutte le gare strane che ho partecipato, sono sempre arrivate così all’improvviso, ho sempre deciso di partecipare nel giro di 1 mese o poco più. Quasi mai calendarizzato una gara”.
E’ difficile coniugare questa passione che porta via tanto tempo per allenamenti e partecipazione a gare con il lavoro e la famiglia, a volte non si è supportati oppure bisogna fare delle scelte che al momento sembrano le più giuste. Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme? “Diciamo che sono sempre stata ostacolata”.
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa? “Niente in particolare, ho continuato a lavorare, a crescere i figli”.
Se potessi tornare indietro cosa faresti? O cosa non faresti? “Forse mi programmerei meglio la mia vita sportiva, avrei cercato qualche sponsor, avrei fatto meno sacrifici nella mia vita famigliare e lavorativa”.
Ti va di raccontare un aneddoto? “Si, alla 1 maratona di Rieti del 1980, quando vinse la maratona Maria Pia D’Orlando in h 2h46’, lei aveva 46 anni, praticamente il doppio della mia età, la invidiai in senso buono, tra me e me dissi, a 40 anni anche io andrò in nazionale, se ci arriva lei a 46 anni non vedo perché non possa arrivarci io. In effetti, per puro caso a 42 anni, nel 1999 fui convocata in nazionale per partecipare al Campionato del mondo della 100 km”.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Qualità come la passione, e la costanza”
Marinella è determinata: quando si mette in testa una cosa la porta a termine prima o poi. E, se il suo sogno è percorrere una maratona palleggiando con due palloni, aspettiamoci di vederla o sentir parlare di lei.
Matteo Simone è un appassionato dello sport come opportunità di conoscenza della propria persona e per il benessere psico-fisico, emotivo e relazionale.
Oltre ad essere uno sportivo praticante di alcune discipline quali Podismo, Capoeira, Ultramaratone, Ciclismo, è Psicologo e Psicoterapeuta Gestalt, si é specializzato soprattutto nell’ambito della Psicologia dello sport e dell’esercizio fisico, conseguendo un Master di 2° livello presso il Centro Inter-universitario Mind in Sport Team e scrivendo dei testi dove trasmette esperienze, modelli, metodi e tecniche di psicologia dello sport.
Altra sua specializzazione è la Psicologia dell’emergenza acquisita attraverso le diverse esperienze di intervento in ambiti critici quali il terremoto dell’Abruzzo e dell’Emilia, nonché interventi a Lampedusa, ed attraverso la formazione EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) é diventato Referente psicologo per il Lazio del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta (C.I.S.O.M.).
Articolista ed autore dei libri: Sviluppare la resilienza Per affrontare crisi, traumi, sconfitte nella vita e nello sport, MJM Editore, 2014. Doping Il cancro dello sport, Edizioni Ferrari Sinibaldi, Milano, 2014. O.R.A. Obiettivi, Risorse, Autoefficacia. Modello di intervento per raggiungere obiettivi nella vita e nello sport, Edizioni ARAS, Fano, 2013. Psicologia dello sport e dell’esercizio fisico. Dal benessere alla prestazione ottimale, Sogno Edizioni, 2013. Psicologia dello sport e non solo, Aracne editrice, Roma, 2011.