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21 giugno 2014 6 21 /06 /giugno /2014 08:00

100 km del Passatore 2014 (42^ ed.). Quest'edizione ha visto la partecipazione degli Scariolanti ravennati, portatori di un'antica tradizione

 

(Maurizio Crispi) Alla 42^ edizione del 100 km del Passatore (24-25 maggio 2014) hanno  partecipato anche gli Scariolanti di Ravenna. Una partecipazione massiccia.
Il loro nutrito gruppo, coloratissimo e folclorico con quelle camice di un giallo vivo, l'aspetto antico di alcuni con baffi a manubrio e cappellacci di varia foggia e naturalmente le carriole di legno come quelle degli antichi Scariolanti a cui si rifanno (e dei quali tengono viva la memoria e le tradizioni), e le musiche romagnole con cui accompagnano il loro incedere ha avuto l'onore di partire per primo, subito prima degli handybiker ed è stato il gruppo che compatto è arrivato per ultimo, quasi alla fine della lunga teoria di runner e camminatori. Quale migliore finale per la 100 km del passatore?

Gli Scariolanti non hanno preso parte a tutte le edizioni della 100 km del Passatore: sono tuttavia una presenza che, di quando in quando, si fa sentire e che sottolinea le radici romagnole della 100 km più popolare in Italia.
Prima di quest'edizione (2014), gli Scariolanti sono stati presenti nelle edizioni del 1984, 1988,1997, 2002.
Ma, ovviamente, non hanno partecipato soltanto alla 100 km del passatore: il loro carnet è ricco di partecipazioni nazionali ed internazionali. Il loro fiore all'occhiello è stato - esattamente allo scadere del centenario - il compimento di una grande marcia sino ad Ostia dove si sono ricongiunti idealmente e concretamente con gli eredi dei braccianti e degli scariolanti romagnoli.

Sono una presenza importante, perchè si muovono sempre tutti assieme, come gruppo compatto e solidale di persone che, divertendosi, portano avanti una tradizione fortemente sentita in Romagna. E' una passione la loro? "No - rispondono - un impegno culturale, sociale, civivo; un senso morale che ci impone di presentare questo gruppo ai giovani perchè sappiano, ai meno giovani perchè non dimentichino".

100 km del Passatore 2014 (42^ ed.). Quest'edizione ha visto la partecipazione degli Scariolanti ravennati, portatori di un'antica tradizioneChi erano gli Scariolanti? Gli scariolanti erano braccianti che trasportavano la terra per mezzo delle loro carriole durante i lavori di bonifica, gli ultimi lavorarono negli anni ’40 nei territori del Reno e del canale di Burana, mentre nei secoli precedenti erano attivi in tutto il Ducato di Ferrara. Venivano arruolati ad ogni inizio settimana: alla mezzanotte della domenica suonava un corno, chi voleva avere il lavoro doveva mettersi in cammino verso gli argini, dove avveniva l’arruolamento. I ritardatari erano respinti.

Le grandi opere della costruzione degli argini e lo scavo dei canali richiamarono masse enormi di contadini poveri, attratti dalla possibilità di lavoro: fu proprio dalla concentrazione di gente di dialetti diversi che nacque un canto in italiano, anziché in dialetto. La carriola era un mezzo indispensabile per il lavoro. Ogni scariolante ne aveva una, di sua proprietà, preziosa quasi come le sue braccia. Partiva da casa alla mattina con la carriola al traino, legata alla bicicletta. Qualcuno la portava rovesciata in testa, con la parte posteriore appoggiata alla schiena, e pedalava così (Alfiero Gualtieri, scariolante, 1966, da "La terra e l’acqua" di Maurizio Garuti, Minerva Edizioni)
Gli scariolanti hanno fatto questo paese: dal XV alla metà del XX secolo, per oltre cinquecento anni, alzarono argini, scavarono canali, colmarono paludi con le loro carriole.
Mitica fu la loro marcia, quando - in oltre 300 - partirono dalla Romagna dove non v'era lavoro alla fine dell'Ottocento per spostarsi nell'Agro pontino dove era in corso la bonifica ed era necessaria la loro opera. E molti di questi trecento dopo aver lavorato alla bonifica si insediarono in quelle terre come agricoltori e fu così che nacque in Lazio una comunità romagnola che continua a tenere vive le sue origini.
La 42^ edizione della 100 km del Passatore sarà da ricordare anche per questo: per la presenza ancora una volta del gruppo degli Scariolanti ravennati 

 

100 km del Passatore 2014 (42^ ed.). Quest'edizione ha visto la partecipazione degli Scariolanti ravennati, portatori di un'antica tradizioneLa storia degli Scariolanti di Ravenna. Alcuni podisti, ormai non più competitivi, decisero, al termine di una 100 km., di cambiare modo di correre. Uno di loro lanciò una battuta che, subito si trasformò in progetto: “Perché’ non facciamo la prossima 100 km. con le carriole? Sono state per tanti anni il simbolo della fatica, potrebbero diventare delle compagne di viaggio fantastiche!” Era il 1984, centesimo anniversario della partenza dei braccianti romagnoli in direzione Ostia (grandi opere di bonifica), 10 carriole spinte da 10 atleti partono da Firenze in direzione Faenza.
L’effetto fu sconcertante, l’entusiasmo incalzante, il risultato fantastico!
Siamo nati così, qualcuno dice un po’ per caso, altri, sono convinti che la scorza dura e la perseveranza, degli antichi scariolanti, abbiano lasciato un segno cromosomico indelebile. 
Per circa 11 anni, quel gruppo di amici, ha continuato a presentarsi al via delle più importanti “corse lunghe” accompagnati dalle fedeli carriole.  
Poi, come in tutte le famiglie che si rispettano, si cresce e s’incomincia a pensare in grande.

A questo gruppo, per compiere il definitivo salto di qualità, mancavano alcune cose, una capatina all’estero, una maratona propria, poi, superate queste asperità, ufficializzare la propria posizione. Abituati ormai a guardare in alto, e fiduciosi nei propri mezzi, affrontarono il primo obiettivo. La maratona più appetibile era sicuramente New York. Si consolida il rapporto con alcuni “esterni”, che, anche se non corrono, hanno le caratteristiche mancanti; prende così forma l’ossatura del futuro “gruppo culturale”. 
In collaborazione con UISP Maratone Internazionali, si parte per la “grande mela”. Il gruppo de “gli scariolanti di Ravenna”, in 5 giorni riesce ad attirare su di se l’attenzione di migliaia di atleti provenienti da tutto il mondo. Alla conferenza stampa interviene il Console italiano dello Stato di New York, dott. Mistretta, sono ricevuti all’Istituto Italiano di Cultura, in prima fila alla presentazione della maratona di Roma (che successivamente apriranno), ancora in prima fila alla Marcia della Pace (di fronte al palazzo dell’ONU), dove galvanizzano letteralmente i 50.000 presenti.
100 km del Passatore 2014 (42^ ed.). Quest'edizione ha visto la partecipazione degli Scariolanti ravennati, portatori di un'antica tradizioneIl secondo obiettivo, è messo in tavola appena rientrati dagli Stati Uniti. Considerato, che l’arma migliore per farsi conoscere, è proporsi anche come organizzatori, nasce il progetto “una maratona per Ravenna”. Collegando il lavoro di bonifica compiuto dagli antichi scariolanti, alla nascita del Parco del Delta del Po’, sette facinorosi studiano un percorso che, come spettacolarità, in Italia, non ha precedenti. Un’esperienza fantastica, il 15 giugno 1997, con partenza da Comacchio ed arrivo a Casal Borsetti, è la 1^ Maratona del Parco del Delta del Po’. Sullo slancio della prima edizione prende corpo anche la seconda, il 3 maggio 1998, ma le dimensioni sono ormai tali da suscitare forti dubbi sul proseguimento dell’impresa. Nasce così un gruppo di lavoro che permette, non solo di continuare, ma di migliorare il progetto iniziale. Ne fanno parte, in primo luogo, le istituzioni ravennati, l’agenzia GRANDITALIA, ma la parte organizzativa rimane saldamente in pugno a “Gli Scariolanti di Ravenna”. Il percorso, tracciato da due veterani “scariolanti” racchiude, da un lato, le caratteristiche salienti del paesaggio ravennate, già presenti nelle precedenti edizioni, dall’altro, il passaggio in rassegna degli 8 monumenti scelti da l’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Un percorso meraviglioso, che, unito all’ottima organizzazione de “Gli Scariolanti di Ravenna”, portano la Maratona di Ravenna Città’ d’Arte al grado di “Internazionale” in soli 3 anni.

 

Il canto degli Scariolanti


 

A mezzanotte in punto
 

si sente un gran rumor:
 

sono gli scariolanti

lelill-lerà

che vengono al lavor.

Volta e rivolta

e torna a rivoltar;

noi siam gli scariolanti

che vanno a lavorar.

A mezzanotte in punto

si sente una tromba a sonar:

sono gli scariolanti

lelill-lerà

che vanno a lavorar.

Volta e rivolta ecc.

Gli scariolanti belli

son tutti ingannator,

che j’ha ingannà la bionda

lelill-lerà

per un bacin d’amor.

 

Volta e rivolta ecc.

 

 

 

Foto di Maurizio Crispi

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22 marzo 2014 6 22 /03 /marzo /2014 23:08

La mia amicizia con Salvatore Paci, siciliano, scrittore e runner (Elena Cifali)(Elena Cifali) E' trascorso esattamente un anno da quando conobbi per la prima volta il siciliano Salvatore Paci, scrittore- runner, autore di molti libri.
Mai avrei immaginato che tra noi potesse nascere una così bella e sincera amicizia.
Accomunati dalla corsa, dalla lettura e dalla scrittura io e Totò, così mi piace chiamarlo affettuosamente, ci confrontiamo spesso su moltissimi temi - alcuni anche spinosi - senza mai perdere di vista il rispetto per l'altro.
Ecco quanto scrissi, a suo tempo, riguardo uno dei suoi libri - La Collezionista (Melino Nerella Editore, 2011) - che ebbi il piacere di leggere, non prima di essere riuscita a farmelo autografare con tanto di dedica!

Salvatore Paci con “ La collezionista” è riuscito a tenermi col fiato sospeso pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo.
Con straordinaria capacità è riuscito a far passare il messaggio dell’amore, vissuto come sentimento disinteressato e non come possesso dell’altro in un sapiente intreccio di sentimenti e passioni.
Un ottimo libro: mentre lo si legge non si ama restare soli in casa né tanto meno svegliarsi nel cuore della notte. Toccanti i dialoghi col padre che fanno riflettere sul rapporto genitori/figli.
Una fuga dalla “normalità” che fa riflettere sul potere della mente: può la nostra testa comandare/ annientare/ affliggere /dimenticare / proiettare l’essere umano in dimensioni lontane ed inconsuete ?
Questo l’interrogativo che mi sono posta in pochi giorni di piacevolissima lettura “godendo della compagnia di Danny”: un personaggio carico di straordinaria umanità che si scontra e confronta con lo spietato cinismo e col mistero.

 

La mia amicizia con Salvatore Paci, siciliano, scrittore e runner (Elena Cifali)(Dal risguardo di copertina) La paura è un rumore di fondo quasi impercettibile, uno sguardo che ti fissa dalla tela di un quadro, un’ombra che si nasconde dietro ogni angolo. E fino a quando non te ne accorgi ti aspetterà paziente, subdola, un boa constrictor pronto ad assalirti e a toglierti il respiro. Danny è felice. Vive in una bella casa, ha un ottimo lavoro, la sua ragazza è affascinante. Una serie di eventi apparentemente inspiegabili lo spingono, lentamente ma inesorabilmente, verso il baratro della pazzia. Cosa avviene di notte nella sua casa mentre dorme? Chi è il suo vero nemico?
La collezionista è un thriller psicologico che proietterà le paure di Danny anche nella tua vita. Un libro che non finisce con l’ultima pagina.

 

www.salvatorepaci.com

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25 febbraio 2014 2 25 /02 /febbraio /2014 20:59
Colby Wentlandt, ultrarunner a 12 anni e collezionista di 100 mile race
(Maurizio Crispi) Quello che si vede nella foto è lo statunitense Colby Wentlandt, un ragazzino di 13 anni, figlio di genitori ambedue ultrarunner (il padre ex-Marine). 
Ha completato la sua prima competizione sulla distanza delle 100 miglia (una tipologia di ultramaratona molto diffusa tra Gran Bretagna e USA), quando aveva soltanto 12 anni.
La sua più recente 100 miles l'ha completata in 22h29'21, a 13 anni compiuti: e parliamo di 100 miglia, cioè di 160,60 km!
Ora ha 13 anni e continua a partecipare a ultragare podistiche, sempre accompagnato dai suoi genitori.

Che un ragazzino tra 12 e 13 anni abbia compiuto simili imprese è una cosa straordinaria, ma per alcuni versi discutibile (soprFB a lui intitolata "Mi piace collezionare gare di 100 miglia"!
Infatti, senza volere approfondire troppo (il mio essere psichiatra mi indurrebbe ad arrgomentare parecchio), bisogna capire quanto di questa "passione" e propensione di Colby non siano state indotte da genitori troppo ossessionati dalla corsa sulle lunghe distanze o che, senza attivamente spronare il figliolo in questa direzione, si ponevano come un esempio da emulare a tutti i costi.
Se così fosse, Colby sarebbe stato coartato in una dimensione che, essendo delle corse a piedi sulle lunghessime distanze, è superspecializzata e che, quindi, agisce come un fattore frenante o irrigidente di un sistema nervoso che deve ancora continuare a maturare e di un corpo che essendo anche lui nella fase della crescita viene ad essere brutalmente condizionato a specializzarsi in un unico gesto atletico.


Ma se pensiamo ai ragazzini keniani che, per andare a scuola e poi tornare a casa, macinano decine di chilometri ogni giorno, in fondo non ci sarebbe nulla di strano.

Colby Wentlandt, ultrarunner a 12 anni e collezionista di 100 mile raceBisogna capire se - e quanto - Colby si diverte a correre le lunghissime distanze e se il suo sviluppo psico-fisico non ne è stato eccessivamente condizionato. Dalle molte foto che si possono vedere nalla pagina facebook a lui dedicata di cui abbiamo dato il link sopra (Colby Wentlandt - Ultra Runner), si vede che in tutte le circostanze di corsa è sempre accompagnato dal padre e da altri adulti e che, in talune circostanzte, l'esperienza della corsa viene in qualche modo mascherata e "mitigata" nel senso che gli adulti con lui indossano buffi capelli da clown e così via.

Colby è sempre sorridente, anche se sembra un ragazzino piuttosto timido ed introverso.

Ancora una volta, tuttavia, le osservazioni che si possono fare dall'esterno, non sono univoche. Il sorriso può essere di circostanza e gli adulti attorno a lui più che mitigare l'esperienza della 100 miglia, la mistificano in qualche modo in modo tale da farla apparire una cosa diversa.


L'importante è che Colby si diverta, che possa sentirsi libero in ciò che fa e che, soprattutto, possa conservare il piacere formativo del gioco e la sua creatività.

Una cosa del genere in Italia, non sarebbe mai potuta accadere.
L'organizzazione delle ultramaratone britanniche e statunitensi è molto più alla buona e non rigorosa come quella delle corrispettive gare italiane.


Colby Wentlandt, ultrarunner a 12 anni e collezionista di 100 mile raceIn GB e USA, chiunque può iscriversi ad una gara di ultramaratona e indossare il pettorale con tutti i crismi: non c'è bisogno di alcun certificato medico e non occorre nemmeno di essere iscritti in un club podistico. Viene fatto appello al senso di responsabilità individuale e alla capacità di autovalutazione e autoregolazione di coloro che aderiscono ad un certo evento podistico.

E in questi due paesi, in queste gare da 100 miglia (che sono, ripeto, molto diffuse), ci sono certamente quelli che corrono per realizzare i tempi, ma la maggior parte di coloro che si iscrivono, lo fa soltanto per divertirsi.

Mi auguro che Colby possa sempre divertirsi come sembra esserlo nelle molte foto che ho avuto modo di vedere.

Magari, un giorno, potrebbe anche diventare un campione di ultramaratona, ma anche se dovesse continuare a correre soltanto per divertirsi e per stare bene potrà andare bene egualmente.

 

Leggi il seguente articolo: 12 year old Colby’s first 100-miler

 

Colby Wentlandt, ultrarunner a 12 anni e collezionista di 100 mile race 

 

Video su Facebook, mentre Colby completa con il suo papà la sua prima 100 miglia

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25 febbraio 2014 2 25 /02 /febbraio /2014 13:32
Fauja Singh e la corsa come ispirazione trascendente che libera dal dolore della perdita
Questo magazine ha già dedicato un paio di articoli a Fauja Singh, il Sikh runner adesso ultracentenerio.

Fauja Singh è il runner più anziano al mondo. 
Come è noto, ha cominciato a correre nei suoi tardi ottanta anni per superare il dolore dovuto alla morte precoce della moglie e di uno dei suoi figli, quando "era più morto che vivo" per usare le sue stesse parole e, da allora, rivitalizzato dalla corsa nel corpo e nello spirito, non ha più smesso.
E' divenuto anche il recordman della Maratona, disputata da centenari e ultracentenari.
"Correre mi levava dalla testa i pensieri e mi faceva passare il tempo, era il modo attraverso cui Dio mi teneva vivo, facendo di me quello che sono oggi. Ed io sono grato di questo. Non credo che, senza questo, sarei vissuto ancora a lungo e che avrei ottenuto qualsiasi altra cosa. Ma è tutto venuto così, senza un piano".

["Running took over my time and thoughts, it was God's way of keeping me alive and making me what I am today and I'm grateful for that. I had no idea I would live this long and would achieve anything, it wasn't a plan"]

Si comprende dalle sue parole che, per lui, la pratica della corsa sia scaturita da una sorta di ispirazione divina o trascendente che lo ha aiutato a superare un momento di crisi, a vivere a lungo e a diventare quello che lui è adesso: un uomo migliore e ultracentenario.
Adesso che ha 102 anni, non gareggia più. Ma essendo sempre in ottima salute, continua a correre per il suo piacere e per tenersi in forma.
Visto che vive nell'East End londinese, ogni tanto potrebbe capitare di incontrarlo, mentre è intento in una delle sue corsette.
Fa parte della comunità sikh (Indiani che provengono dalla regione del Punjab e che sono seguaci di una religione monoteistica, oltre ad essere fotemente tipizzati dal fatto di portare - gli uomini - una lunga barba incolta e un turbante) e di un gruppo di runner della stessa etnia: quindi, lo si può vedere a volte in un gruppo, pieno di colore, di runner sikh che corrono tutti con il turbante tipico.

Singh, adesso, solo ogni tanto partecipa a delle gare non competitive, legate ad iniziative caritatevolii, come è la "WRAP UP AND RUN YOUR 10K" di cui - nella foto - indossa la T-Shirt promozionale.


Meet Fauja Singh who, in his late 80s, and feeling "more dead than alive" following the loss of his wife and one of his sons, took up marathon running!!

Now aged 102 he has ceased competitve running after 9 full marathons and countless shorter runs but can still be seen jogging every day in East London.

He says "Running took over my time and thoughts, it was God's way of keeping me alive and making me what I am today and I'm grateful for that. I had no idea I would live this long and would achieve anything, it wasn't a plan".

If you are feeling inspired by Fauja's story or are already a keen runner why not join one of our Wrap Up and Run events taking place all over the country this Spring? Open to everyone, they are the perfect run for a team challenge or on your own!

About the Wrap Up And Run 10K Series

Our Wrap Up and Run 10k series takes place this Spring. Open to everyone, it’s the perfect run for a team challenge with the office or friends!

All money raised will go towards our Spread the Warmth campaign- helping older people keep warm and well in winter.

The Cause: Cold weather makes it more difficult for older people to get around – which can lead to depression, loneliness, and isolation. Over 600,000 older people will leave their homes less than once a week this winter. By raising money, you will be helping us to provide vital services to older people, including home visits to check that an older person is safe and well.

Find out more here.

All money raised will go towards our Spread the Warmth campaign- helping older people keep warm and well in winter.

Su Twitter: #lovelaterlife
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23 settembre 2013 1 23 /09 /settembre /2013 06:40

Spartatathlon 2013. La britannica Mimi Anderson parteciperà alla Atene-Sparta e si ripromette di tornare ad Atene di corsaLa britannica Mimi Anderson è la "nonna" ultrarunner, non tanto nel senso dell'età, ma perchè è già nonna di due splendidi nipoti.
Dopo essere venuta fuori da una grave forma di anoressia attraverso la corsa, ha fatto della corsa - specie di quella sulle lunghe distanze - la sua ragione di vita. Dopo aver cominciato a correre nel 1999 sulle distanze di 10 km e sulle mezze, nel 2001 ha affrontato la sua prima ultra che fu - tanto per cominciare - la Marathon des Sables.
A 51 anni sta tentando di conquistare un obiettivo che nessun'altra donna ha mai raggiunto prima. 

Si accinge, infatti, ha partecipare alla Spartathlon 2013 da Atene a Sparta e, dopo un breve riposo, ripartire alla volta di Atene, per compiere in altri termini in modo completo l'impresa di Fidippide.
Se la sua impresa avrà esito positivo, Mimi Anderson sarà una donna da Guinness dei primati, come prima ed unica donna donna ad aver compiuto il "raddoppio" della Spartathlon. 
A proposito di "raddoppio", Mimi Anderson si è anche intitolata l'impresa di replicare in direzione opposta la Comrades Marathon (88 km). Quindi, trattandosi di poco più di 170 km si è trattato di un raddoppio ben più abbordabile: appena un antipasto rispetto ad una "doppia" Spartathlon! 

Il suo motto è "The only way of finding the limits of the possible is by going beyond them into the impossible" (ovvero: L'unica strada da seguire è quella di trovare i limiti del possibile per poi superarli nel'impossibile".

(Fonte: Indipendent) There aren't many people who make double Olympic gold medallist and world champion Mo Farah look like a part-timer, but Mimi Anderson does just that. The 51-year-old grandmother, who is one of Britain's top ultra runners and holder of several world titles, takes part in Spartathlon, one of the sport's toughest events, later this week.

"Of course people think I'm mad, including my own family," says the neatly dressed and coiffured Anderson who, as we chat in her Kent home, is barely recognisable from the pictures of her when competing. "But I do like a challenge."

Spartatathlon 2013. La britannica Mimi Anderson parteciperà alla Atene-Sparta e si ripromette di tornare ad Atene di corsaHer "challenge" is to race non-stop 246km (153 miles) from Athens to Sparta, following the route that Athenian messenger Pheidippides took when he ran with a message from the king to his generals in 490BC during the Battle of Marathon. (Marathon to Athens is about 26 miles, hence the modern marathon length.)

But that's for wimps; after completing Spartathlon (and usually only a third of the 330-odd competitors do) Anderson, who ran it in 2011, will take a short rest, then run back to Athens. If she succeeds she will be only the second person to achieve the double, and the first woman.

Clearly ultra running is not for the faint-hearted and takes gruelling training. Anderson runs anything from 12 to 20 hours a week, covering 70 to 100 miles in total, and takes only one day off. But she does permit herself a rest of a week, or even two, after an event like Spartathlon.

Ultra running, Pheidippides excepted, is a relatively recent sport, although some modern races go back half a century. Ultras start from 30 miles/50km but the distances are frequently much greater, and they can be non-stop or staged over several days. At the elite end of the sport there are strict time cut-offs at each stage when slower runners are eliminated; the maximum time allowed in Spartathlon is 36 hours, and participants have to complete a 100km or 200km race in a qualifying time in order to take part.

These are serious races for serious runners and, unlike the London Marathon or the Great North Run, nobody will be running dressed as a farmyard animal or Mickey Mouse, although many runners do compete for charity. In the UK alone there are about 200 ultra races each year, ranging from 30-milers up to the 268-mile Spine Race across the Pennine Way (in January, just to make it interesting). There's no prize money in the sport, but some sponsorship supports a few professionals, including Britain's Lizzie Hawker, the fastest woman at 2012's Spartathlon.

Anderson started in 10 km and half-marathons in 1999 and did her first ultra two years later, and has noticed a rapid growth in the sport, as well as a changing age profile. "When I started there were a lot of thirty and fortysomethings competing who were stepping up from marathons, but the sport has exploded in the past five years and a lot of younger people have taken it up," she says.

Anderson, who grew up in an army family in Edinburgh, was 36 when she started running. She mentioned to a friend that she would like slim legs. Her friend said running would do the trick, and Anderson was soon hooked. Remarkably she had battled to overcome anorexia, which she suffered from for 15 years. It started when she was 14 and at boarding school – "Yes, classic, I know".

Despite once seeing a psychiatrist at her mother's behest – "He was trying to blame my father and I knew it was nothing to do with him, so I never went back" – Anderson doesn't come across as one for major introspection, although she says: "I've probably given up one obsession for another. Actually I think most people who do ultra running have obsessive personalities. You probably have to."

Does she worry that she may damage her body by doing the sport? "Well even if I did need a hip or knee replacement, at least I can say I've jolly well enjoyed what I've done to cause it. But I listen to what my osteopath tells me and if he says I can't run for a few days, then I don't." But she doesn't put her feet up. "I can always do cross-training instead."

She says running has given her self-belief and acknowledges it's a selfish pleasure. "When I first started running I really enjoyed doing something that didn't involve my children, my husband, or running the house. It was purely for me."

But when her husband, Tim, said he felt left out, she suggested he crewed at her next big event, a John O'Groats to Land's End world-record run in 2008, and he will be at Spartathlon with her "lucky mascot" Becky Healey. Support crews may not aid competitors while they are running, although they can leave food and drink at checkpoints.

Talking of food and drink, what does she do is she needs a bathroom break? Anderson hoots with laughter. "You become pretty adept at finding a convenient bush," she says, "and I'm sure there'll be plenty of vine leaves nearby should I need them."

 

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22 settembre 2013 7 22 /09 /settembre /2013 07:44

Fauja Singh, il maratoneta centenario, all'insegna del motto (Fonte: Club Supermarathon Italia, di Stefano Severoni) Fauja Singh, nato a Bias Pind il 01/04/1911, è un personaggio singolare con i suoi quattro figli, tredici nipoti, una dozzina di pronipoti ed una serie di otto maratone portate a termine: cinque a Londra, due a Toronto, una a New York. È cittadino britannico di origine indiana, originario del Punjab indiano, dove faceva il contadino, di religione sikh. Fauja si è trasferito in Gran Bretagna negli anni Sessanta ed attualmente vive ad Ilford, est di Londra.

Ha inizato a partecipare a gare di corsa dall’età di 89 anni, dopo aver perso moglie ed un figlio: «Stare a casa mi uccideva», ha spiegato: «Gli anziani in Gran Bretagna fanno vita sedentaria e mangiano una dieta ricca di grassi». Correre ha dato a Fauja il baricentro della sua vita emotiva. La sua passione per la corsa è nata mentre lavorava come contadino in India, ma l’ha potuta sviluppare solo tardivamente. Per lui, da anni, la corsa è più di un passatempo. Trasferitosi in Gran Bretagna, con l’aiuto del suo allenatore H. Singh, egli si è cimentato nelle maratone. Fauja si allena ogni giorno percorrendo 10 miglia (16 km ca), oltre ad eseguire esercizi ginnici, anche assieme ad altri “colleghi”.

Egli ha debuttato alla London Marathon 2000. Campione del mondo di maratona over 90, è stato protagonista di prestazioni di rilievo nel biennio 2003-2004. Nel 2004 è stato testimonial della campagna dell’Adidas “Niente è impossibile”, assieme a D. Beckham e Muhammad Alì, e ha devoluto il proprio compenso in beneficenza a favore dei bambini nati prematuri. Alla London Marathon 2003 ha realizzato il tempo di 6h02’. L’anno successivo 6h07’13”. Il suo record sulla distanza è di 5h40’04”, realizzato alla Toronto Waterfront Marathon 2003, con il quale è diventato l’uomo più veloce al mondo tra gli over 89-90-91-92.

In tempi più recenti, il 16 Ottobre 2011, egli ha completato la maratona di Toronto diventando il più anziano di sempre (100 anni compiuti) a percorrere la distanza regina del fondo, che mette a dura prova corridori ben più giovani di lui, impiegando 8h25’16”. La gara è stata vinta dal 38enne kenyano K. Mungara, in 2h09’50”3. Singh si e piazzato al 3.850esimo posto, davanti ad altri nove concorrenti, correndo con il pettorale 100. Egli è transitato al 10° km in 1h44’03”, alla mezza in 3h43’39”, ai 30 km in 5’36’00, concludendo con una media oraria di 11’59” al km. Gli organizzatori stavano smantellando le barricate e gli striscioni al traguardo sul lungolago della metropoli canadese, quando l’hanno visto arrancare verso la linea d’arrivo, con la sua lunga barba ed il turbante di colore giallo. «Fauja è al settimo cielo. Ha combattuto contro se stesso e ha vinto», ha detto H. Singh, il suo allenatore dopo il suo arrivo. «Correre gli ha dato un nuovo slancio nella vita. Poco prima dell’ultimo miglio mi ha detto: “Farcela, significherebbe sposarsi un’altra volta”». All’arrivo, l’atleta è stato accolto da parenti ed amici, e da una folla in delirio. A chi gli chiedeva il segreto del suo fisico, egli ha risposto semplicemente che per lui è fondamentale mangiare il curry.

Orlando Pizzolato, due volte vincitore della New York City Marathon, oggi tecnico, direttore della rivista milanese Correre ed ancora corridore, scrive che il bravissimo Singh ha percorso 42,195 km, ma non ha “corso” la maratona. Infatti, per percorrere ogni frazione di 1000 m della gara, egli ha impiegato mediamente 11’59”. Un buon ritmo, anzi, un buon passo, in quanto in effetti non ha corso, seppure simulando un passo rimbalzato. Pizzolato continua ricordando che, del fatto che si percorra una maratona senza staccare i piedi da terra neppure una volta, ne ha discusso, nel 2010, il New York Times, prima della maratona della Grande Mela. Si dibatteva se considerare maratoneti quanti percorrono gran parte della distanza senza correre. Le opinioni in merito divergono anche tra gli esperti.

Il motto di Singh: «Stay smiling and keep running» (sorridi e continua a correre). Il segreto di una vita lunga e sana è di non farsi piegare dallo stress. Essere grati per qualunque cosa vi accada e stare lontani dalle persone negative, sorridi e continua a correre», questa la filosofia che anche questa volta lo ha portato al traguardo, sicuramente vincitore: la maratona come scuola di vita. Il suo tipico turbante sikh non lo abbandona mai: finora gli ha sempre portato fortuna.

Singh si gode la sua tenacia ed i suoi successi con un discreto numero, tra l’altro, di fans inscritti al suo Facebook (19̇026), ove racconta le sue imprese con foto e video.

Segue da sempre un’alimentazione vegetariana, consumando una buona quantità di cibo vegetale. Bere tè e mangiare curry allo zenzero, oltre ad uno stato mentale zen, di «essere sempre felice»: sono i tre ingredienti del successo di Singh. Possiamo aggiungere il duro allenamento quotidiano, con il sorriso sulle labbra e la gioia nel corpo. Egli è proprio un vegetariano, come nell’etimologia del termine (da vegetus = sano, vigoroso): i fatti gli danno ragione.

Nella vita, è la motivazione che ci spinge ad agire, sulla base dei nostri valori e della nostra sensibilità. Singh deve essere apprezzato soprattutto come persona, oltre che come maratoneta. In fondo, più che aggiungere anni alla vita, si deve aggiungere vita agli anni. Chi all’età di cento uno anni ha in programma di correre una maratona, significa che ancora riesce a gustare la vita.

 

Su questo magazine vedi ancheIndia, ha 100 anni il maratoneta recordman M90 e si accinge a correre al Festival della Maratona di Edimburgo (pubblicato il 14 ottobre 2011)

 

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30 luglio 2013 2 30 /07 /luglio /2013 16:55

Boris Bakmaz, tre volte vincitore della mitica e storica 100 km Torino-Saint Vincent(Maurizio Crispi) Quella che vedete é un'immagine che rimanda ad un passato mitico dell'ultramaratona italiana. In azione poteve vedere Il siciliano Boris Backmaz in una delle edizioni della mitica corsa 100 km Torino-Saint Vincent, oggi ritornata in vita con la denominazione ormai stabilizzata (dopo i primi tentativi di "nominazione") 100 km delle Alpi da Torino a Saint Vincent (organizzata dall'ASD "Il Giro d'Italia Run" e dal suo patron Enzo Caporaso).
Anche in quell'occasione (ma anche in altre due edizioni) Bakmaz impresse alla Torino-Saint Vincent il suo sigillo, entrando di diritto nell'Albo d'oro della storica manifestazione podistica voluta e organizzata con passione dal grande e compianto Fortunato Frazetta.
Nella foto che sta dando spunto a questa breve nota, Boris Bakmaz è assistito da Giuseppe (PIno) Sutera, uno dei pilastri - e attuale presidente - dell'ASD Amatori Palermo (una delle più antiche associazioni podistiche palermitane, storica - si può affermare senza timore di essere contraddetti), di cui Boris Bakmaz era un elemento di punta nelle corse di lunghissima lena, ma anche in quelle brevi e di cross si difendeva come un leone. Ma le gare brevi per lui erano un semplice antipasto cui far seguire ben più robuste portate, "roba per signorine" come una volta gli sentii dire con una certa ironia nei confronti di quei runner siciliani che non osavano avventurarsi nel mondo affascinante delle ultramaratone.
Tipico di Boris, di frequente rustico e di poche parole, soprattutto nei confronti di quelle persone che non stima perchè dedite a "dare fiato alla bocca" con inutili e disturbanti vanterie, ma capace di raccontare arguti e fulminanti aneddoti quando si ritrova a chiacchierare con coloro che riescono a catturare la sua stima, sempre che si possa tollerare il suo spirito graffiante che non risparmia mai nessuno.
In questa foto, si può anche osservare che l'amico Giuseppe Sutera era ancora in forma smagliante.
Per la cronaca, come si può vedere dall'Albo d'Oro della storica Torino-Saint-Vincent riportato sotto, Boris Bakmaz vinse in tre successive edizioni che furono quella del 1984 (7h21'43), del 1985 (
6h50'06)e del 1987 (7h06'27).

Cose e corse d'altri tempi.
Vedere foto così mi emoziona.
Però, è fantastico imbattersi in questi splendidi documenti fotografici che ci rifanno rivivere un'epoca che ha ormai il sapore della storia.

 

Così scrivevo nel sito della IUTA in un articolo dal titolo: Storia delle ultramaratone italiane. La mitica 100 km Torino - Saint-Vincent, pubblicato nel luglio 2009, alla vigilia della ripresa della gara da parte di Enzo Caporaso e del team da lui diretto

(Maurizio Crispi) Chi ha cominciato a frequentare il mondo delle ultramaratone dopo il 1997 non sa nulla di una 100 km italiana che ha consentito di scrivere delle bellissime pagine sportive e che, oggi, se solo fosse andata in continuità di edizioni, sarebbe la più antica delle 100 italiane. Si tratta della 100 km Torino - S. Vincent che nacque nel 1963 per volontà di Fortunato Frazetta, appassionato sportivo, che ebbe l'abilità di mettere assieme, in uno sforzo organizzativo di cui ancora non v'erano precedenti, tutte le amministrazioni comunali i cui territori venivano attraversati dal percorso di gara.

La gara era indubbiamente impegnativa con un percorso in leggero e continuo dislivello positivo (max dislivello 606 m slm), nel quale tuttavia si delineavano due "picchi" altimetrici: uno attorno al 50 km di gara e il secondo proprio in corrispondenza dell'arrivo, con la caratteristica che gli ultimi 10 km erano tutti in forte pendenza positiva, senza sconti.

Poichè il dislivello altimetrico positivo totale da superare era attorno ai 920 metri, la Torino-Saint Vincent quanto ad impegno agonistico richiedeva agli atleti una preparazione particolarmente severa e, in gara, unagrande capacità tattica e un attento dosaggio delle proprie forze proprio in vista di quegli ultimi, fatidici, 10 km.

La 100 km Torino-S. Vincent ebbe un grande successo e fu molto rinomata tra tutti coloro che allora si affacciavano al mondo delle Ultra. Anzi, fu proprio questa gara a dare impulso ad altri organizzatori nel proporre una propria ultramaratona.

Più o meno in contemporanea, forse con una sfasatura di qualche anno, nacquero - in quel periodo di nascente fervore per le ultra-distanze - per fare alcuni esempi storici la 100 km dei Gladiatori in Campania oppure ancora quella di Montagnana, ma soprattutto la 100 km del Passatore circa un decennio più tardi.

Poi con la morte prematura di Fortunato Frazetta che era animatore, organizzatore, factotum dell'ultramaratona piemontese si bloccò tutto, sino all'edizione del 1997, dopo un periodo di assenza di circa 10 anni (1987-1996).

Fu la figlia di Fortunato Frazetta, Liliana, a volere questo ritorno, con il proposito di riproporre la gara anche negli successivi.

Ma intanto le cose erano cambiate e i buoni propositi si arenarono di fronte ad un disinteresse delle amministrazioni comunali toccate dal percorso di gara.

In quell'ultima edizione gli iscritti furono 102 e i classificati al traguardo di S. Vincent furono 70.

Sono in tanti, oggi, a desiderare il ritorno della Torino-Saint Vincent: innanzitutto perché fa parte delle più prestigiose tradizioni podistiche del Piemonte (e, ovviamente, anche della Val d'Aosta) e, in secondo luogo, perché è una gara blasonata ed impegnativa che ha consentito di scrivere alcune belle pagine dell'ultramaratona italiana.

E chi sa che questo sogno non si avveri.

Di seguito, l'Albo d'oro della Torino-Saint Vincent.

Race Winner (26 edizioni)

27 Sep1997

7:31:43

Casimiro Marangotto (ITA)

10:03:55

Satta Marinella (ITA)

1988-1996

---

not held

---

not held

04 Oct1987

7:06:27

Boris Bakmaz-3 (nc)

9:09:09

Amabile Salarino (ITA) (nc)

04 May1986

6:36:02

Don Ritchie-2

11:11:34

Teresa Aiassa (ITA)

05 May1985

6:50:06

Boris Bakmaz-2

12:00:23

Tiziana Gastaldi (ITA)

30 Apr1984

7:21:43

Boris Bakmaz (ITA)(nc)

11:14:35

Clorinda Fumagalli (ITA)(nc)

08 May1983

7:17:18

Loris Gennari-3 & Elvino Gennari-3

10:52:58

Marta Bianchi (ITA)

01 May1982

7:04:11

Loris Gennari-2

11:39:10

Giovanna Molinaro (ITA)

07 Jun1981

7:07:30

Helmut Urbach-4

11:36:02

Renata Ortolani (ITA)

04 May1980

6:53:00

Don Ritchie (SCO)

n/a

Rosanna Milani (ITA)

16 May1979

6:59:45

Elvino Gennari-2

12:12:11

Aurelia Fiorini (ITA)

30 Apr1978

6:30:50

Loris Gennari (ITA)

n/a

Giuliana Frigero-3

01 May1977

6:59:45

Elvino Gennari (ITA)

n/a

Giuliana Frigero-2

16 May1976

7:39:15

Heinz Hasler (SUI)

n/a

Giuliana Frigero (ITA)

01 May1975

7:00:

Helmut Urbach-3

12:36:

Gatti Angiola (ITA)

01 May1974

6:15:09

Helmut Urbach-2

n/a

Paola Zumerle (ITA)

01 May1973

6:10:

Helmut Urbach (ITA)

n/a

Rosanna Balbusso (ITA)

30 Apr1972

6:45:

Mario Bonini (ITA)

n/a

T Merlo

18 Apr1971

7:04:50

Attlio Liberini-3

n/a

A Ardito

19 Apr1970

6:40:

Attlio Liberini-2

n/a

M Ferro-3

20 Apr1969

7:27:50

Andrea Invernizzi (ITA)

n/a

M Ferro-2

21 Apr1968

8:06:

Attlio Liberini (ITA)

n/a

M Ferro

01 Apr1967

11:05:

Salvatore Scriminacci (ITA)

n/a

A Ardito

26 Mar1966

n/a

Stefano Bricco (ITA)

n/a

G Balbinot-3

03 Apr1965

11:57:

Casimiro Di Fabio-2

n/a

G Balbinot-2

21 Mar1964

12:50:

Casimiro Di Fabio (ITA)

n/a

G Balbinot

10 Mar1963

18:30:

Franco Venturi & Federico Anselmino

n/a

M Liuzzi (ITA)

 

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15 dicembre 2012 6 15 /12 /dicembre /2012 15:50

Pistorius-versus-cavallo.jpgLa notizia sta spopolando su internet ed è rimbalzata su tutti i quotidiani. Oscar Pistorius che, per il 13 dicembre scorso, aveva lanciato la sfida contro un cavallo purosangue (rispondente al nome sprintoso di "Maserati") a Doha nel Qatar, ha portato a termine la tenzone, imponendosi sul quadrupede (che però è partito con un handicap di 30 metri).


L'atleta paraolimpico Oscar Pistorius ha vinto a Doha nella gara contro il cavallo arabo puro sangue Maserati.
La notizia è sulle prime pagine di tutti i giornali dell'Emirato che ha ospitato l'evento «Run like the wind» nel Circuito di Aspire.
Su un percorso di 120 metri, erano stati dati 30 metri di vantaggio all'atleta sudafricano che ha vinto di fronte a centinaia di spettatori . «Mi sento molto fortunato ad essere qui a gareggiare contro un cavallo arabo che è un simbolo di potere in questa regione - ha dichiarato Pistorius -. “Run like the wind” è una campagna molto riuscita perché non si concentra sull'essere disabili, ma sulle capacità del singolo» - ha aggiunto l'atleta 26enne, specificando che se avesse vinto il cavallo il messaggio non sarebbe cambiato. 


Campione alle Paraolimpiadi, Pistorius è passato alla storia alle Olimpiadi di Londra di quest'anno affermandosi come il primo atleta paraolimpico a partecipare ai Giochi Olimpici. «Attraverso il tuo lavoro e il tuo eccezionale talento, capacità e abilità hai ispirato una generazione con delle performance di altissimo livello e un modello di comportamento» ha dichiarato lo sceicco Saoud Abdulrahman al-Thani, segretario generale del Comitato Olimpico del Qatar riferendosi a Pistorius.  

Guarda il video 

 

 

 

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22 novembre 2012 4 22 /11 /novembre /2012 16:19

Carlo AiroldiCarlo Airoldi è un personaggio - quasi salgariano per alcuni versi - tornato alla ribalta negli ultimi anni grazie alle scoperte di recenti fonti storiche, come alcuni diari di atleti che presero parte alle Olimpiadi del 1896, e alla pubblicazione, nel 2005, del libro La leggenda del Maratoneta. A piedi da Milano ad Atene per vincere l'Olimpiade di Manuel Sgarella (Macchione editore, 2005), un libro meritevole (tra l'altro arricchito da una ricca documentazione iconografica), perchè illuminando il lettore sulla storia del personaggio con il riferimento a preziosi ed inediti documenti d'epoca, gli fornisce nello stesso tempo uno scorcio sullo sviluppo delle attive sportive ("ginnastiche", come si usava dire allora) dell'epoca in cui tanti sport diversi (specialità e discipline) si intersecavano e confondevano uno nell'altro, per cui uno come Airoldi poteva essere marciatore, corridore, ciclista, pugile e ginnasta.

Precedentemente alla pubblicazione di questo, ben poco si ricordava di Carlo Airoldi, anche se tanto era stato scritto su di lui nei quotidiani dell'epoca: avrebbe potuto essere benissimo uno di quei personaggi condannati all'oblio.

E il libro di Sgarella è, di fatto, una delle pochissime fonti biografiche esistenti.

Tuttavia tra tutti i personaggi che hanno partecipato alle prime Olimpiadi di Atene, o che abbiano tentato di parteciparvi, è quello che si sta rivelando più interessante per diversi motivi tra cui le modalità del suo viaggio. Tutti gli atleti vi giunsero in nave e in treno, ma Airoldi - avendo pochi soldi - aveva fatto a piedi buona parte della strada, come anche le peculiarità dell'organizzazione di questa iniziativa, basata sulla ricerca di uno sponsor per raccogliere i soldi necessari a coprire le spese vive del viaggio (necessarie, per quanto fosse in economia), a differenza degli atleti anglo-sassoni, ad esempio, che trovavano facili finanziamenti presso le Università che frequentavano.

I suoi biografi hanno anche voluto vedere in lui una delle prime vittime delle manovre di giustizia sportiva mirate a favorire un atleta piuttosto che un altro, in quanto la Grecia puntava molto su un suo rappresentante (Spyridion Louis) come vincitore della maratona olimpica e, per ciò stesso, avrebbe avuto tutti gli interessi ad escludere un atleta forte e temuto come Carlo Airoldi.

Inoltre, nella storia dell'atletica italiana, Airoldi si colloca subito prima di un altro celebre e sfortunato protagonista della stessa disciplina olimpica: Dorando Pietri.

La leggenda del Maratoneta - SgarellaLa vicenda di Airoldi ha da sempre affascinato storici e studiosi di sport.
Uno di essi, Bruno Bonomelli, ex-atleta, storico e giornalista appassionato di atletica leggera, volle ripercorrere in auto il tragitto percorso a piedi dall'atleta milanese per giungere ad Atene.
Carlo Airoldi appare inoltre nell'opera in tre atti, 1896 - Pheidippides... corri ancora!di Luca Belcastro. In quest'opera si parla dei Giochi Olimpici del 1896 e anche della vicenda dell'Airoldi che, dopo aver percorso un lungo tragitto a piedi, apprese della sua esclusione dai giochi per aver praticato il "professionismo".
 

 

Biografia. Carlo Airoldi nacque nel 1869 alla Cascina Broggio, a Origgio, da una famiglia contadina. I suoi genitori si chiamavano Luigi Airoldi e Annunciata Borroni.

Incominciò a partecipare a gare nel territorio di Varese (la prima documentata si tenne a Gorla nel 1891) per poi arrivare a gare nazionali e internazionali dove si batté con il suo maggiore rivale del tempo, il marsigliese Louis Ortègue.
Nel 1892 trionfò nella Lecco-Milano; vinse in seguito la Milano-Torino.

Divenne ben presto famoso come uno dei migliori fondisti della sua epoca. Il suo grande successo fu la vittoria alla Milano-Barcellona (settembre 1895), una gara di marcia in dodici tappe per complessivi 1.050 chilometri.
Airoldi dovette faticare molto per trovare i soldi per raggiungere Torino in modo da partecipare alla gara ma alla fine riuscì a essere tra i 30 partecipanti. Durante la corsa Airoldi incontrò delle difficoltà: al 10º giorno di corsa infatti gli si gonfiarono i piedi, ma decise di non mollare e nonostante l'handicap riuscì a arrivare all'ultima tappa primo a pari merito con il marsigliese Ortègue.

Nell'ultima tappa della corsa, quella che avrebbe deciso il vincitore della competizione, quando era a un chilometro circa dal traguardo, riuscì a superare Ortègue, ormai stremato, ma - a pochi metri dal traguardo, voltandosi indietro per vedere quanti metri di distacco dal francese avesse - vide il Marsigliese a terra; con grande sportività, tornò indietro, si caricò sulle sue spalle il suo più diretto avversario e tagliò per primo il traguardo, urlando alla giuria «Io sono primo: l'avversario è con me, ed è secondo!».

Tale vittoria gli fruttò la cifra di circa duemila pesetas che gli servirono per fare ritorno a casa.

Spyridon LouisNel novembre 1895 sfidò Buffalo Bill, che in quei giorni era in Italia, a una gara di 500 chilometri: Airoldi sarebbe andato a piedi mentre Buffalo Bill a cavallo.
Tuttavia Buffalo Bill rifiutò perché pretendeva di avere a disposizione due cavalli.

Fu assiduo praticante anche di altre discipline della ginnastica.

La 1^ Olimpiade moderna. Airoldi tentò di partecipare alla 1^ Olimpiade di Atene nel 1896, con ottime prospettive di vittoria.
Tuttavia aveva bisogno di denaro per arrivare nella capitale greca. I soldi vennero cercati presso il direttore del giornale milanese La Bicicletta, uno dei più noti dell'epoca, cui Airoldi propose di partecipare economicamente al viaggio, che si sarebbe svolto a piedi attraverso l'Austria, l'Impero Ottomano e la Grecia.
Un viaggio avventuroso che avrebbe obbligato l'Airoldi a percorrere settanta chilometri al giorno per trovarsi in tempo ad Atene.
Il giornale avrebbe documentato tutte le tappe del viaggio e avrebbe fornito il necessario supporto logistico.

Il giornale milanese accettò e il viaggio ebbe inizio il giorno 28 febbraio alle ore 16:00; l'Airoldi prima di partire fece una corsa di riscaldamento di 5 km e venne visitato dal dottor Favari che lo trovò in «buone condizioni di polso e di respirazione».
Le tappe da Milano a Spalato, passando per Trieste e Fiume, non presentarono particolari problemi, pioggia e strade dissestate e coperte di fango a parte.
Airoldi era intenzionato a dirigersi lungo le coste dalmate per passare da Cattaro e poi da Corfù. A Spalato fece amicizia con un veneto, che venuto a conoscenza che Airoldi fosse un corridore, gli propose di sfidare in una corsa il campione di Spalato.
Vinse la sfida ma venne aggredito dagli scommettitori slavi, furiosi per la sconfitta.

Dopo queste vicende Airoldi riprese il viaggio. Tuttavia, prima di giungere a Ragusa, cadde e si ferì una mano, dopo essere stato costretto a trascorrere due notti all'aperto per non aver trovato ospitalità. Gli fu sconsigliato di attraversare l'Albania a piedi per giungere a Corfù perché c'era il rischio di incontrare dei briganti (oltre che per le pessime condizioni delle strade albanesi), per cui si imbarcò su una nave austriaca che lo fece sbarcare a Patrasso da dove raggiunse Atene a piedi, seguendo i binari della ferrovia in quanto non esisteva altra strada. Come se non bastasse, presso Eleusi l'Airoldi sbagliò pure strada e fece 14 km inutilmente; ormai stremato, l'Airoldi decise di pernottare a Eleusi. Il giorno successivo (era il 31 marzo 1896) l'Airoldi percorse gli ultimi 22 km e arrivò finalmente a Atene. 

 

Carlo Airoldi - il Viaggio sino ad Atene

 

Dopo questo viaggio avventuroso di ventotto giorni, Airoldi, tuttavia, non poté partecipare alla maratona. La vicenda fu paradossale: recatosi a Palazzo Reale per iscriversi ai Giochi, venne ricevuto dal principe Costantino, presidente del Comitato Olimpico. Qui venne alla luce il premio in denaro ricevuto al termine della gara Milano-Barcellona, ed Airoldi - in base a ciò - venne considerato un professionista e quindi privo dei requisiti per essere accettato come atleta olimpico [ricordiamo che nello statuto originario dei Giochi Olimpici, inventati dagli "aristocratici", era escluso il professionismo come travisamento dello sport, mentre veniva richiesto il requisito del dilettantismo puro, principio che del resto - pur come infingimenti - si mantiene tuttora].
A niente servirono i telegrammi giunti dall'Italia da parte di associazioni e comitati sportivi che tentarono di convincere il CIO che in Italia non esistevano corridori di professione. La risposta fu tassativa: Airoldi non avrebbe potuto partecipare! E già allora, non mancarono dubbi e sospetti sul reale motivo che sostanziava la volontà degli organizzatori di escludere un atleta così forte da una gara che i Greci tenevano molto ad aggiudicarsi per motivi di prestigio nazionale.

Nonostante non fosse iscritto alla maratona, Carlo Airoldi cercò di correrla lo stesso come non iscritto [fuori gara] nel tentativo di dimostrare di essere il migliore; tuttavia venne fermato da un giudice di gara prima del traguardo e passò una notte in cella.

Lovati, corrispondente de La Bicicletta, telegrafò da Atene la sera del 10 aprile. Ecco il testo del suo messaggio:

«La corsa Maratona-Atene, che costituiva il classico avvenimento dei giuochi olimpici, ebbe luogo oggi. Vi parteciparono dieci concorrenti fra i quali però nessun italiano, avendo il Comitato mantenuto l'esclusione del nostro Carlo Airoldi. Giunse primo il corridore greco Luis (sic), che coprì i 42 chilometri nel tempo davvero meraviglioso di ore 2,50. L'arrivo del corridore allo Stadio fu accolto dal maggior entusiasmo del popolo greco, che portò in trionfo il vincitore Non si sa ancora se Luis accetterà la sfida lanciatagli dall'Airoldi» (La Bicicletta - anno III - n. 32 (244) - pag. 1 - sabato 11 aprile 1896). 

Airoldi non accettò mai la decisione, ritenendola ingiusta ed arbitraria. Scrisse su La Bicicletta:

«Fino questa mattina ebbi sempre speranza di correre, ma pur troppo non mi venne nessun avviso e dovetti assistere alla gara di Maratona, per la quale è un mese che mi affaticavo nelle certezza di prendervi parte. Fino all'arrivo mi mantenni tranquillo e calmo, ma quando arrivò il primo e si sentì il colpo di cannone, allorché la bandiera greca s'innalzò, non mi sentii più padrone di me. [...] Vedere arrivare il primo in mezzo a tanta festa ed io non poter correre per delle ragioni assurde fu il più grande dolore della mia vita. L'unica ragione, a quanto parve a molti, è che era desiderio di tutti che il primo fosse un greco e per questo basandosi sul regolamento venni escluso, perché io presi del denaro a Barcellona. Dunque non potevo darmi pace. Il premio d'altra parte era rispettabile: una coppa, una corona e 25.000 lire. Per un giovane che nulla possiede come me, all'infuori del coraggio e che ha quasi la certezza di arrivare primo è un bel dispiacere. Al Comitato feci valere le mie ragioni, dicendo che in Italia lo sport pedestre non è sviluppato abbastanza per poterlo fare di mestiere, e che il denaro che presi a Barcellona fu una regalia del Municipio, come si è fatto per il vincitore della Maratona, ma tutto fu inutile. [...] Dopo tutto mi consolo perché a piedi vidi l'Austria, l'Ungheria, la Croazia, l'Erzegovina, la Dalmazia e la Grecia, la bella Grecia che lasciò in me un ricordo indelebile. Mi consolo pensando agli allori riportati in Francia e Spagna, ma se per quel viaggio partii in giovedì per questo partii in venerdì e in Venere ed in Marte né si sposa né si parte. Ora però tutto è finito e fra poco sarò a Milano»(Carlo Airoldi, La Bicicletta - anno III - n. 35 (247) - pag. 2 - sabato 18 aprile 1896)

Amareggiato per l'esclusione, l'Airoldi lanciò una sfida al vincitore della maratona che non fu mai raccolta.

 

Gli ultimi anni. Al ritorno in patria Airoldi tentò di battere il record di Spyridon Louis: fissò come data del tentativo il 31 maggio 1896; la strada prescelta sarebbe stata quella da 12 chilometri al di là di Cassano d'Adda, al Rondò di Loreto. Il quotidiano "La bicicletta" decise di assegnare all'Airoldi, in caso di successo, una coppa d'argento. 

Tuttavia le strade furono rese impraticabili dal gelo e dalle piogge primaverili e così il tentativo venne inizialmente rimandato alla metà di giugno. Il tentativo di battere il record di Spyridon Louis non ebbe più luogo. Stando alle dichiarazioni dei familiari dell'atleta, Airoldi avrebbe poi fatto un tentativo per battere questo record percorrendo i 40 km in 2 ore e 44 minuti.

Continuò a gareggiare in Lombardia. Il 26 luglio 1896 corse la gara Melide-Lugano di 11 chilometri e a pochi metri dal traguardo mentre era in terza posizione si fermò per cedere il terzo posto al dodicenne corridore Luigi Lonardini.

A quei tempi nacque una vera e propria rivalità tra Airoldi e un altro corridore, Gamba. I due si sfidarono nella notte tra il 5 e 6 giugno 1897 sul tratto Milano – Cernobbio – Punta Villa Pizzo – Milano.
Airoldi, oltre a vincere la gara, era intenzionato a battere il record di Radaelli che aveva percorso quel tragitto in circa 12 ore. Alla fine, a vincere la sfida (e a battere il record di Radaelli) fu Gamba che tagliò per primo il traguardo in 9 ore e 13 minuti mentre, stando alle dichiarazioni di alcuni ciclisti, Airoldi si fermò a 30 km dal traguardo.
Il 31 agosto 1897 partecipò al 1° Campionato pedestre italiano arrivando secondo dietro a Cesare Ferrari; in quell'occasione fu molto sfortunato perché fu costretto a correre gli ultimi chilometri con una scarpa rotta.

Nel 1898 si trasferì in Svizzera per cercare lavoro. Prima della partenza la società Libertas Torino, per la quale era tesserato a partire dal dicembre 1896, gli conferì la Fascia d'onore (che era in seta e con i colori sociali rosso e blu) che venne esposta a Torino per alcune settimane nella vetrina di un negozio in piazza Carlo Felice.
 

Il 4 settembre 1898 a Zurigo gareggiò contro un cavallo, correndo i 5.000 metri in 19:45.
Nel 1899 partecipò alla Parigi-Marsiglia, prima di trasferirsi a Berna dove lavorò in un'azienda produttrice di biciclette. Il 16 settembre 1900 vinse la Friburgo-Berna.

In seguito, dopo una breve permanenza a Milano, si spostò in Sud America a cercare fortuna.
Qui, stando ad alcune fonti (come ad esempio il libro Storia dell’Atletica Italiana Maschile di Marco Martini), Airoldi si esibì, mentre era a Rio de Janeiro, in una prova di forza che consisteva nel trasportare un sacco del peso di 450 kg per 100 m.
Pare che a Porto Alegre rischiò di essere linciato dal pubblico per aver perso una sfida contro un cavallo. Rientrò in Italia nel 1902 e rimase nel mondo dello sport come organizzatore di gare e poi come dirigente di società sportive, l'ultima delle quali fu il Club ciclistico La Veloce di Legnano.

Airoldi si sposò ed ebbe sei figli; morì di diabete a Milano il 18 giugno 1929.

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22 novembre 2012 4 22 /11 /novembre /2012 08:17

Carlo-AiroldiCarlo Airoldi e Otto Bloch: per entrambi quello di partecipare ad una maratona fu - per motivi diversi - un sogno infranto.
Carlo Airoldi era un italiano che avrebbe potuto vincere la prima maratona della storia moderna dei Giochi Olimpici, ad Atene, nel 1896, se fosse stato tradito dall'aver accettato prima di partire per Atene un premio in denaro di pochi spiccioli.

Otto Bloch era un tedesco di origine ebraica che era sbarcato a Barcellona, nel 1936, sognando una medaglia a cinque cerchi, e trovando invece la morte nella lotta per la libertà nella guerra civile spagnola.
A poche settimane dai Giochi di Londra 2012, Dario Ricci ha raccontato le storie di Carlo Airoldi e Otto Boch, due protagonisti mancati della storia a cinque cerchi, ma due campioni della Grande Storia, quella che va oltre medaglie e primati.
Ospite in studio l’attore Biagio Vinella, che, con la sua voce, ha fatto rivivere le parabole di due anti-eroi dello sport moderno. 

Ascolta - Biagio Vinella che racconta come nacque il mito di Carlo Airoldi... 

Ascolta - Biagio Vinella che racconta la storia di Otto Boch... 

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Presentazione

  • : Ultramaratone, maratone e dintorni
  • : Una pagina web per parlare di podismo agonistico - di lunga durata e non - ma anche di pratica dello sport sostenibile e non competitivo
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  • Ultramaratone, maratone e dintorni
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.



Etnatrail 2013 - si svolgerà il 4 agosto 2013


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Il perchè di questo titolo

DSC04695.jpegPerchè ho dato alla mia pagina questo titolo?

Volevo mettere assieme deio temi diversi eppure affini: prioritariamente le ultramaratone (l'interesse per le quali porta con sè ad un interesse altrettanto grande per imprese di endurance di altro tipo, riguardanti per esempio il nuoto o le camminate prolungate), in secondo luogo le maratone.

Ma poi ho pensato che non si poteva prescindere dal dare altri riferimenti come il podismo su altre distanze, il trail e l'ultratrail, ma anche a tutto ciò che fa da "alone" allo sport agonistico e che lo sostanzia: cioè, ho sentito l'esigenza di dare spazio a tutto ciò che fa parte di un approccio soft alle pratiche sportive di lunga durata, facendoci rientrare anche il camminare lento e la pratica della bici sostenibile. Secondo me, non c'è possibilità di uno sport agonistico che esprima grandi campioni, se non c'è a fare da contorno una pratica delle sue diverse forme diffusa e sostenibile. 

Nei "dintorni" della mia testata c'è dunque un po' di tutto questo: insomma, tutto il resto.

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Come nasce questa pagina?

DSC04709.jpeg_R.jpegL'idea motrice di questo nuovo web site è scaturita da una pagina Facebook che ho creato, con titolo simile ("Ultramaratone, maratone e dintorni"), avviata dall'ottobre 2010, con il proposito di dare spazio e visibilità  ad una serie di materiali sul podismo agonistico e non, ma anche su altri sport, che mi pervenivano dalle fonti più disparate e nello stesso tempo per avere un "contenitore" per i numerosi servizi fotografici che mi capitava di realizzare.

La pagina ha avuto un notevole successo, essendo di accesso libero per tutti: dalla data di creazione ad oggi, sono stati più di 64.000 i contatti e le visite.

L'unico limite di quella pagina era nel fatto che i suoi contenuti non vengono indicizzati su Google e in altri motori di ricerca e che, di conseguenza, non risultava agevole la ricerca degli articoli sinora pubblicati (circa 340 alla data - metà aprile 2011 circa - in cui ho dato vita a Ultrasport Maratone e dintorni).

Ho tuttavia lasciato attiva la pagina FB come contenitore dei link degli articoli pubblicati su questa pagina web e come luogo in cui continuerò ad aprire le gallerie fotografiche relative agli eventi sportivi - non solo podistici - che mi trovo a seguire.

L'idea, in ogni caso, è quella di dare massimo spazio e visibilità non solo ad eventi di sport agonistico ma anche a quelli di sport "sostenibile" e non competitivo...

Il mio curriculum: sport e non solo

 

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Data di creazione 12/04/2011
Pagine viste : 607 982 (totale)
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Giornata record 14/04/2014 (3 098 Pagine viste)
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Precedente giornata record 22/04/2012 con 2847 pagine viste
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