La fiaccola olimpica è in viaggio verso Londra per portarvi il sacro fuoco, con il cui arrvio si consacrerà l'inizio dei Giochi Olimpici. Oggi 28 giugno 2012, la fiaccola olimpica passa nelle mani del trentenne inglese Simon Wheatcroft Non vedente da 12 anni, con l’aiuto dello smartphone è diventato maratoneta.
(Riccardo Luna) Aveva ragione il Piccolo Principe quando, nel capolavoro di Antoine de Saint Exupery, sostiene: “Non si vede bene che con il cuore” perché “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Gli occhi di Simon Wheatcroft hanno smesso di funzionare dodici anni fa. Ma l’essenziale questo ragazzo inglese deve vederlo benissimo: con il cuore e con l’aiuto del suo telefonino.
Infatti, oggi 28 giugno 2012, alle 12,57 in punto, Simon prenderà in mano la torcia olimpica dei Giochi che si aprono a Londra fra 31 giorni, accenderà il navigatore che collega il suo iPhone al sistema di satelliti che misurano la posizione geografica esatta e inizierà a correre. Perché Simon è un maratoneta, e perché la sua storia è una lezione per tutti noi. Questa breve corsa verso la vita e contro la rassegnazione accadrà a Armthorpe, un piccolo paesino di dodicimila abitanti, nello Yorkshire meridionale, non lontano da Sheffield. Un posto noto finora solo per aver dato i natali alla prima star del calcio britannico, Kevin Keegan. Simon è nato da queste parti, trent’anni fa. Ha una moglie e un figlio. E sta cercando di laurearsi in psicologia. Fino ai 18 anni vedeva bene, poi è stato colpito da una retinite pigmentosa. Il buio o quasi. Per un po’ ha corso in cortile, ma non gli bastava. Fino a quando ha scoperto che poteva provare ad andare oltre: per strada. Gli sono servite due cose: tanto coraggio e uno smartphone.
Il coraggio lo spiega così: «Una delle grandi questioni che devi affrontare, se sei cieco e vuoi correre, è superare la paura di mettere il piede nel posto sbagliato o di sbattere su qualche oggetto. Io parto dall’idea che questo non accadrà e la cosa meravigliosa è che il 99,99999999 per cento delle volte ho ragione. Cosa succede quando ho torto? Si tratta di una percentuale talmente bassa che non ci penso». Tanta sicurezza gli viene anche dalla tecnologia: non una tecnologia complessa o costosa, ma quella che abbiamo nei nostri telefonini evoluti, gli
smartphone, appunto. Simon Wheatcroft usa un iPhone 4. Ecco come lo utilizza un non vedente: «Con VoiceOver mi faccio leggere le mail. Con RunKeeper una voce mi dice sempre quanto ho corso e dove mi trovo e così sono in grado di ricordare se in quel punto c’è un pericolo. E se ho un problema posso attivare il software di Siri, l’assistente personale vocale, e chiedergli di telefonare a mia moglie o leggermi i messaggi che ho ricevuto mentre mi allenavo».
Per i non vedenti sull’iPhone c’è anche una applicazione dedicata: si chiama Ariadne Gps e l’ha sviluppata a Bologna un giovane ingegnere abruzzese, Luca Ciaffoni. Qualche giorno fa, alla conferenza degli sviluppatori di Apple a San Francisco, sul palco del Moscone Center dove per anni Steve Jobs ha incantato il mondo, il suo erede Tim Cook ha presentato la app di Ciaffoni con la mano sul cuore per far vedere quanto fosse emozionato, esprimendogli la gratitudine di tutti i non vedenti (la usano migliaia di persone e sul sito ufficiale di Ariadne Gps l’elenco dei ringraziamenti lasciati dagli utenti commuoverebbe chiunque).
Così un giorno di qualche anno fa Simon, armato del suo telefonino, ha lasciato il cortile e ha iniziato a correre in strada, per i campi. E ha corso così tanto, ma così tanto da diventare un vero maratoneta: anzi, un ultramaratoneta, uno di quelli che fa maratone da 100 e passa chilometri. «A me non interessavano le gare, volevo soltanto correre. Poi, un anno fa, sono arrivato al punto in cui le distanze che volevo percorrere non potevo più farle da solo, e così ho iniziato a gareggiare e adesso per me è davvero difficile smettere».
Il 30 giugno Simon Wheatcroft farà la South Downs Way, una corsa di 100 miglia con arrivo a Eastbourne, che fa parte del circuito delle Centurion Running. Ma intanto c’è questa torcia olimpica da portare. Un messaggio da dare al mondo. Il suo turno capita fra Simon Boguszewski, 37 anni — diventato famoso per aver corso una maratona con la figlia sulle spalle per raccogliere i soldi necessari a curarla da una malattia ai reni — e Christopher Ince, 26 anni — che insegna la scienza ai bambini usando gli abiti del Cirque du Soleil.
Simon Wheatcroft in questi giorni sul suo seguitissimo blog (www.andadapt.com)non ha mai parlato di questo appuntamento, impegnato com’era a raccontare i dodici giorni di allenamento per imparare a camminare con il suo cane Ascot (è stata dura, ha detto, soprattutto capire l’umore del cane e adeguarsi). A un giornalista indiano che lo ha intervistato ha detto soltanto: «Non mi aspettavo davvero di essere scelto, finito il mio percorso farò una piccola festa». Intanto su Internet una sua frase è già diventata un mantra: «Non darti come obiettivo quello che gli altri pensano tu possa fare, ma quello che tu credi di poter fare».
Tra gli eventi collaterali predisposti nel percorso di avvicinamento alla 100 km del Passatore del Quarantennale, è stato messo in cantiere un incontro con Alex Bellini, sportivo estremo di tante imprese in solitaria, come la traversata del'Oceano Pacifico a remi.
L'incontro con il famoso atleta “estremo” avverrrà nella Sala del Bajocco di Faenza, giovedì 24 maggio (ore 21.10), promosso da Rione Rosso di Faenza e dall'ASD 100 Km del Passatore.
Giovedì prossimo 24 maggio, alle ore 21.10, a Faenza, nella sala del Bajocco (via Campidori, 28), il circolo Rione Rosso, in collaborazione con l’Asd 100 Km del Passatore, promuove un incontro con Alex Bellini, il noto atleta “estremo” valtellinese (è nato all’Aprica il 15 settembrre 1978), amante delle sfide impossibili e solitarie, che – come afferma egli stesso – “...attraversa il mondo per vivere al meglio la vita che desidera e conoscere se stesso fino in fondo”.
Sfide in barca a remi, come, ad esempio, la “Al-One 2005” (partito da Genova il 18 settembre 2005 è arrivato a Fortaleza (Brasile) dopo 226 giorni e 10.000 km di mare, lottando contro fame e imprevisti di ogni natura), oppure la traversata, sempre in solitaria, dell’Oceano Pacifico, iniziata da Lima (Perù) nel febbraio 2008 e terminata nel dicembre dello stesso anno a Sydney (Australia), dopo 18.000 km, ad appena 65 miglia dalla costa, sfida comunque certificata “come completata” dalla “Ocean Rowing Society”). Ma anche sfide a piedi, come, ad esempio, la “Marathon des sables”, nel deserto del Marocco, una corsa a tappe di 250 km (aprile 2001), la “Alaska Ultrasport Extreme” (febbraio 2002): circa 600 km a piedi trainando una slitta, o, ancora, sempre in Alaska”, la “Ultrasport Impossible” (febbraio 2003): circa 1400 km a piedi (3° in circa 27 giorni).
Nel corso del suo intervento, Bellini racconterà proprio le sue esperienze in Alaska, così come le traversate oceaniche in barca a remi, fino alla recente “NY Foot Race”, corsa a piedi da Los Angeles a New York da lui compiuta in 70 giorni.
L'ingresso è gratuito.
Umberto Capotummino è il terzo vincitore di Share Your Dream Un Sogno per Te'. Limpresa sportiva dellinsegnate palermitano raccontata sul sito www.shareyourdream.it è stata selezionata da una Giuria di qualità e a settembre Umberto volerà a Londra per assistere alle finali di paraciclismo di Alessandro Zanardi, Fabrizio Macchi e Vittorio Podestà, i tre campioni del Barilla Blu Team. Capotummino si aggiunge così ai primi due vincitori del progetto: il nuotatore varesino Antonio Santoro e il cagliaritano pluricampione italiano di paracanoa Giovanni Pilia. Il quarto ed ultimo vincitore verrà scelto entro il 31 maggio.
Umberto, insegnante di lettere e scrittore, nel 1974 è stato il primo ad aprire una nuova via diretta di arrampicata sulla roccia Lo Schiavo, sul Monte Pellegrino a Palermo: uno sperone roccioso alto circa 200 metri di forma piramidale e con tratti strapiombanti.
L'impresa di Umberto dimostra come il sogno di raggiungere un traguardo importante alimenta una forza e una determinazione capaci di spingere luomo oltre i propri limiti, nella ricerca di nuovi traguardi.
Avevo 18 anni - racconta Capotummino - quando, dopo aver ascoltato i racconti dei tentativi falliti di alcuni rocciatori, decisi che dovevo essere il primo a tentare di aprire una via diretta di arrampicata sulla roccia, detta Lo Schiavo, del Monte Pellegrino. In quegli anni a Palermo non c'era nessuno che arrampicava, per cui la mia idea di scalare una parete rocciosa, con il sesto grado di difficoltà, apparve subito come un'impresa molto difficile. Ma per questo non mi spaventai, anzi dentro di me si rafforzava ogni giorno sempre di più la volontà e la determinazione di realizzare la mia impresa. Ci vollero due anni di preparazione e di duro allenamento prima di essere pronto: dovevo vincere il pericolo con la tecnica, conoscere ogni piccolo dettaglio e ogni possibile passaggio di quella parete. Uno dei miei compagni, Pietro Cipolla, assecondò il mio progetto e così, con il binocolo in mano, studiammo assieme per settimane la parete, memorizzandone la struttura e immaginandone i passaggi. All'alba del giorno prefissato attaccammo la Via, arrampicando prevalentemente in stile libero. Quando ci riunivamo nei minuscoli terrazzini di sosta, l'esaltazione fisica e psichica ci diceva che eravamo uniti nel superamento delle difficoltà. Furono necessarie dieci ore senza tregua per arrivare in vetta, ma la luce di quel giorno brilla ancora nei nostri occhi e nella nostra vita, così come il forte sentimento di solidarietà in cordata è un modello di relazione che ho trasferito poi anche in altri ambiti.
Ogni successo sportivo si fonda su valori universalmente validi, che devono essere condivisi e trasmessi anche agli altri.
Tutti gli appassionati possono continuare a raccontare e condividere le loro imprese sportive sul sito www.shareyourdream.it fino al 31 maggio 2012 e avere la possibilità di accompagnare il Barilla Blu Team durante le finali dei Giochi Paralimpici di Londra.
Il prossimo vincitore sarà selezionato entro metà giugno. Sempre sul sito è possibile consultare il regolamento e le modalità di partecipazione.
Nel frattempo, prosegue anche liniziativa di promozione dello sport a sfondo sociale Un Sogno Per gli Altri. In questo caso Barilla sosterrà la realizzazione di un progetto legato ad unassociazione, una comunità o ente che abbia finalità educative e sportive. Per partecipare bisogna registrarsi sul sito www.shareyourdream.it, raccontare il proprio sogno per gli altri, la storia della comunità che può beneficiare del progetto, le motivazioni che spingono il promotore a partecipare, allegando una proposta che riporti la concreta fattibilità dellimpresa, i tempi di realizzazione e i costi stimati.
I candidati potranno condividere i loro sogni fino al 31 maggio 2012, quando una giuria di qualità selezionerà il progetto più valido e affine ai valori dello sport rappresentati dal Barilla Blu Team e Barilla si impegnerà a supportare la realizzazione di questo sogno con un contributo fino a 30,000 euro.
Su www.shareyourdream.it è possibile consultare le condizioni generali, i termini e le modalità di partecipazione.
Nelle fotografie: Umberto Capotummino in azione
Qui di seguito, l'intervista a Daniele Barazini (Atletica 3V), ultrarunner trasmessa su SkySPort 24, lo scorso 24 febbraio, pochi giorni dopo il compimento della sua imnpresa in solitaria "Concept Run Ultramaggiore", 174 km in tappa unica (in corsa libera, al di fuori di un contesto agonistico).
Daniele precisa che, da parte dei giornalisti intervistatori, è stata fatta qualche imprecisione nel definire il suo "statuto" atletico, come quando dicono di lui che è un atleta di caratura nazionale e internazionale.
Ma si sa: i giornalisti radiotelevisivi - specie quando si trovano davanti a qualcosa di insolito e che li meraviglia, tendono ad enfatizzare.
Ma - aggiunge Daniele - quello che invece è importante riguarda alcuni messaggi che voglio trasmettere per la passione e la voglia di libertà che le ultradistanze possono regalare e che, in una corsa senza pettorale come la concept run ultramaggiore, diventano fondamentali.
Ecco di seguito il video dell'intervista.
Lascia i Bergamaschi pieni di stupore e costernazione, oltre che di cordoglio, l'improvvisa morte durante un'arrampicata di Mario Merelli, bergamasco e arrampicatore sportivo di gran valore.
Ecco la notizia pubblicata su "L'Eco di Bergamo".
(Fonte: Eco di Bergamo) L'alpinista bergamasco, è precipitato nella zona del rifugio Brunone a Valbondione, nel Bergamasco. È successo intorno alle 8 del mattino di mercoledì 18 gennaio.
Merelli è nato a Vertova 50 anni fa e abitava a Lizzola con la moglie.
Da sempre la montagna era la sua grande passione, lui l'ha sempre definita «la sua vita», e proprio in montagna, sui suoi monti, è deceduto. L'incidente si è verificato mentre l'alpinista si trovava in compagnia dell'amico di sempre, Paolo Valoti.
Dolore e incredulità dal mondo dell'alpinismo bergamasco, con il presidente del Cai di Bergamo che commenta: «Abbiamo perso un gigante di umiltà, un uomo di grande valore e di grande serietà e professionalità» ha detto Piermario Marcolin, sconvolto da quanto appreso via sms da Paolo Valoti: «È terribile che sia successo proprio sulle montagne di casa sua, che tanto amava e conosceva».
Secondo le prime informazioni pare che Mario Merelli e Paolo Valoti fossero partiti martedì sera intorno alle 23 da Valbondione. La coppia si è fermata al rifugio Coca per una pausa, per poi salire in notturna sul canalino che porta al pizzo Scais, oltre i 3 mila metri. Avrebbero raggiunto la vetta intorno alle 6.30 del mattino per poi, data la buona visibilità, decidere di scalare alcune creste minori della zona valtellinese, in zona del rifugio Brunone. In questo tratto sarebbe accaduta la tragedia: Mario Merelli era dietro a Valoti e un macigno a cui l'alpinista si sarebbe aggrappato per arrampicarsi avrebbe ceduto, facendogli perdere l'equilibrio e facendolo precipitare per trecento metri.
La caduta è avvenuta sul versante valtellinese e Paolo Valoti avrebbe assistito all'incidente: Valoti è quindi sceso per verificare le condizioni dell'amico, per poi risalire la parete e raggiungere una zona che gli permettesse di chiamare i soccorsi. Immediato l'intervento dell'elisoccorso del 118: il corpo senza vita di Mario Merelli è stato recuperato con il verricello e ora la salma si trova nella base del soccorso alpino di Valbondione. A breve sarà trasferita nell'abitazione di Lizzola.
Fonte: www.eco.bg.it
(notizia ANSA) L'alpinista bergamasco Mario Merelli e' morto stamani precipitando durante un'ascensione sul Pizzo Sky, una parete in Valbondione (Bergamo).
Il suo corpo e' stato gia' recuperato, con l'aiuto di un elicottero del 118.
Merelli, di 49 anni, ha effettuato numerose ascensioni sulle principali montagne italiane ed europee, con importanti spedizioni extraeuropee e molti Ottomila conquistati tra cui l'Everest (2 volte), Makalu, Kangchenjunga, Gasherbrum I, Shisha Pangma, Annapurna, Broad Peak, Lhotse, Dhaulagiri.
Sono di quelle notizie che lasciano attoniti, anche se c'è la consapevolezza che in alcuni sport è incluso il rapporto quotidiano con il rischio, anche se edulcorato dalla competenze tecnica e dagli standard di sicurezza che vengono applicati, rischio che viene affrontato in nome della passione e del desiderio di cimentarsi con le difficoltà più estreme.
La nontagna - come il mare - è una severa maestra e, a volte, purtroppo, richiede il suo tributo.
E' un grande lutto non solo per il mondo dell'Alpinismo, ma per tutti gli sportivi.
Alcuni potrebbero chiedersi il senso di queste morti.
Per uno che viva da sedentario, di certo, non ne hanno alcuno.
Invece, per chi condivide la passione del rischio implicita nella pratica di alcuni sport estremi che per quanto "sostenibili" hanno sempre un margine di imprevedibilità, un senso ce l'hanno, eccome.
Quel che è certo è che Mario Merelli e altri come lui, dal loro punto di vista, non sono morti invano perchè sono caduti in nome d'una passione e di un'idea, facendo ciò che prediligevano fare.
Ai vivi rimane però il triste compito di piangere chi non è più e di vivere il lutto e il dolore.
(Fonte: everymantri.com) Il britannico Arthur Gilbert, un pensionato novantenne del Somerset, è il triathleta praticante più anziano del mondo e ancora in corsa!
Inghilterra, passa le sue giornate a lavorare per un'associazione benefica e a nuotare, pedalare, correre.
Da ben 22 anni infatti Mister Gilbert partecipa a gare di triathlon sprint e con costanza si prepara alle competizioni.
Già 7 volte campione britannico di duathlon nella sua categoria age group, ha anche ricevuto dei riconoscimenti reali per i suoi eccezionali successi e addirittura il Principe Carlo gli ha scritto per congratularsi per le sue gare passate e per augurargli buona fortuna per quelle future.
Il segreto del signor Gilbert? Niente alcolici, niente fumo, controlli regolari, dieta bilanciata con tanta frutta e molta disciplina negli allenamenti, che prevedono palestra tre volte a settimana, 40 km di bici la domenica e nuoto in piscina ogni giorno, ma soprattutto niente stress, essere felici e pensare positivo.
Il prossimo triathlon? il prossimo aprile, quando il signor Gilbert avrà già compiuto 91 anni!
Alfonsina Morini Strada (Castelfranco Emilia 1891 - Milano 1959) fu la prima donna a partecipare ad un Giro d'Italia, nel lontano 1924. In questo fu un'autentica pioniera, sia come sportiva sia come donne in un epoca in cui alle donne era dato pochissimo spazio al di fuori di alcune traiettorie di vita predefinite e di ruoli rigidi e scarsamente gratificanti in termini di autorealizzazione.
Per alcuni versoi fu un'icona dell'emancipazione delle donne in Italia, in ciò riscoperta tardivamente: ma ciò nondimeno ricevette a posteriori dei tributi e dei riconoscimenti tardivi.
Nel 2004 è stato pubblicato il libro scritto da Paolo Facchinetti, con il titolo Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada. Il romanzo dedicato all'unica donna che abbia corso il Giro d'Italia assieme agli uomini (Ediciclo Editore). Al libro sarà successivamente ispirata la sceneggiatura cinematografica affidata alla scrittura di Agostino Ferrente e Andrea Satta, voce solista del gruppo Têtes de Bois. Il 20 aprile 2010, infine, è uscito un concept album proprio dei Têtes de Bois, intitolato Goodbike (Ala Bianca Records), tutto dedicato al tema del ciclismo: e, tra le canzoni, quella che ha avuto più successo è stata Alfonsina e la bici. Ne è stato tratto un videoclip interpretato dall'astrofisica Margherita Hack e diretto da Agostino Ferrente.
La vita di Alfonsina è stata anche la declinazione d'una passione autentica e profonda per lo sport, portata avanti eroicamente al prezzo di mille ostacoli e pregiudizi.
Non poteva certo mancare Alfonsina Strada nella Mostra fotografica e documentaria inaugurata il 4 dicembre 2011 al Vittoriano (e aperta sino al 20 gennaio 2012), su Le donne che hanno fatto l'Italia.
Alfonsina Morini nasce in una famiglia di contadini. Ben presto si appassiona al ciclismo e partecipa a numerose competizioni locali. Nei paesi in cui sfrecciava con la sua bicicletta viene soprannominata “il diavolo in gonnella”. Continuamente osteggiata dalla famiglia per la sua passione a 24 anni, nel 1915, sposa Luigi Strada, cesellatore che, invece, la incoraggia e addirittura le regala, il giorno delle nozze, una bicicletta da corsa nuova. L'anno successivo i due si trasferiscono a Milano, dove Alfonsina comincia ad allenarsi con serietà.
Nel 1924 partecipa, prima donna in assoluto, al Giro d'Italia.
Parte e compie regolarmente 4 tappe: la Milano-Genova (arrivando con un'ora di distacco dal primo ma precedendo molti rivali), la Genova-Firenze (in cui si classifica al cinquantesimo posto su 65 concorrenti), la Firenze-Roma, giungendo con soli tre quarti d'ora di ritardo sul primo e davanti ad un folto gruppo di concorrenti, e la Roma-Napoli dove conferma la propria resistenza.
Nella tappa L'Aquila-Perugia, invece, Alfonsina arriva fuori tempo massimo. A quel punto i giudici si dividono in due fazioni: chi vuole estrometterla e chi è favorevole a farla proseguire.
Il Direttore della Gazzetta, Emilio Colombo, che aveva permesso la partecipazione di Alfonsina al Giro e aveva capito quale curiosità suscitasse nel pubblico la prima ciclista italiana della storia, propone un compromesso: ad Alfonsina sarà consentito proseguire la corsa, ma non è più considerata in gara. Lei acconsente e prosegue il suo Giro.
All'arrivo di ogni nuova tappa viene accolta da una folla che la acclama, la festeggia, la sostiene con calore e partecipazione.
Alfonsina continua a seguire il Giro fino a Milano, osservando gli stessi orari e gli stessi regolamenti dei corridori. Un giro di dodici tappe per un totale di 3618 chilometri, che si conclude con la vittoria di Giuseppe Enrici dopo il duello con Federico Gay.
Dei 90 corridori partiti solo 30 arrivano a Milano. E Alfonsina è tra loro.
Negli anni successivi viene negata ad Alfonsina la possibilità di iscriversi al Giro.
Lei però vi partecipa ugualmente per lunghi tratti, come aveva fatto al suo esordio, conquistando l'amicizia, la stima e l'ammirazione di numerosi giornalisti, corridori e degli appassionati di ciclismo che continuano a seguire le sue imprese con curiosità, rispetto ed entusiasmo.
Partecipa a numerose altre competizioni finché nel 1938, a Longchamp, conquista il record femminile dell'ora (35,28 km).
Rimasta vedova di Luigi Strada, Alfonsina si risposa a Milano, il 9 dicembre 1950, con un ex ciclista, Carlo Messori, con l'aiuto del quale continua nella sua attività sportiva fino a che non decide di abbandonare lo sport agonistico.
Ma la sua passione per la bicicletta non viene meno. Apre, infatti, a Milano, in via Varesina, un negozio di biciclette con una piccola officina per le riparazioni. Rimasta di nuovo vedova nel 1957, manda avanti da sola il negozio. Ogni giorno, per andare al lavoro, Alfonsina usa la sua vecchia bicicletta da corsa indossando una abbondante gonna pantalone.
Abbandonerà la sua bicicletta solo molti anni dopo, per una Moto Guzzi 500 cmc.
Muore il 13 settembre del 1959 all'età di 68 anni, a causa di un incidente con la sua moto.
Fonti, risorse bibliografiche
Paolo Facchinetti, Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada, Ediciclo Editore 2004
G.P. Ormezzano, Storia del ciclismo, Milano, Longanesi 1980
Alfonsina e la bici
Perchè ho dato alla mia pagina questo titolo?
Volevo mettere assieme deio temi diversi eppure affini: prioritariamente le ultramaratone (l'interesse per le quali porta con sè ad un interesse altrettanto grande per imprese di endurance di altro tipo, riguardanti per esempio il nuoto o le camminate prolungate), in secondo luogo le maratone.
Ma poi ho pensato che non si poteva prescindere dal dare altri riferimenti come il podismo su altre distanze, il trail e l'ultratrail, ma anche a tutto ciò che fa da "alone" allo sport agonistico e che lo sostanzia: cioè, ho sentito l'esigenza di dare spazio a tutto ciò che fa parte di un approccio soft alle pratiche sportive di lunga durata, facendoci rientrare anche il camminare lento e la pratica della bici sostenibile. Secondo me, non c'è possibilità di uno sport agonistico che esprima grandi campioni, se non c'è a fare da contorno una pratica delle sue diverse forme diffusa e sostenibile.
Nei "dintorni" della mia testata c'è dunque un po' di tutto questo: insomma, tutto il resto.
L'idea motrice di questo nuovo web site è scaturita da una pagina Facebook che ho creato, con titolo simile ("Ultramaratone, maratone e dintorni"), avviata dall'ottobre 2010, con il proposito di dare spazio e visibilità ad una serie di materiali sul podismo agonistico e non, ma anche su altri sport, che mi pervenivano dalle fonti più disparate e nello stesso tempo per avere un "contenitore" per i numerosi servizi fotografici che mi capitava di realizzare.
La pagina ha avuto un notevole successo, essendo di accesso libero per tutti: dalla data di creazione ad oggi, sono stati più di 64.000 i contatti e le visite.
L'unico limite di quella pagina era nel fatto che i suoi contenuti non vengono indicizzati su Google e in altri motori di ricerca e che, di conseguenza, non risultava agevole la ricerca degli articoli sinora pubblicati (circa 340 alla data - metà aprile 2011 circa - in cui ho dato vita a Ultrasport Maratone e dintorni).
Ho tuttavia lasciato attiva la pagina FB come contenitore dei link degli articoli pubblicati su questa pagina web e come luogo in cui continuerò ad aprire le gallerie fotografiche relative agli eventi sportivi - non solo podistici - che mi trovo a seguire.
L'idea, in ogni caso, è quella di dare massimo spazio e visibilità non solo ad eventi di sport agonistico ma anche a quelli di sport "sostenibile" e non competitivo...
Il
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